Regia di Robert Siodmak vedi scheda film
Questo noir degli anni '40 è un vero e proprio gioiellino. Un uomo è accusato di uxoricidio e per discolparsi deve ritrovare la donna dal voluminoso cappello con la quale ha trascorso la serata in cui è avvenuto l’assassinio. Tuttavia la donna risulta introvabile e nessuno pare averla vista oltre a lui. Condotto in prigione per mancanza di alibi, pare rassegnato alla sedia elettrica ma la sua segretaria, innamorata di lui, non si arrende e si mette alla ricerca della donna che può scagionarlo. Affiancata da un poliziotto coscienzioso e dal miglior amico dell’accusato, affronta diversi pericoli prima di ritrovare finalmente la donna e scoprire il vero assassino.
Da un romanzo di Cornell Woolrich del 1942 (firmato William Irish) Siodmak, regista tedesco in fuga dal nazismo, realizza con Phantom Lady il suo primo noir in terra americana. Il film fu criticato per i difetti di sceneggiatura, ma ha la sua forza nella regia di Siodmak che coniuga l’espressionismo tedesco con l’ambiente americano. Basti ricordare a tal proposito le peripezie della protagonista negli inquietanti scenari notturni. Notevole la cura dei dettagli, come quando la cinepresa si sofferma sulla scultura raffigurante due mani affusolate che fanno subito pensare a quelle dell’assassino. Ella Raines (1920-1988) è la protagonista del film, esile donna che spinta dall’amore trova il coraggio e la forza di affrontare gravi difficoltà e pericoli. Stupefacenti i suoi occhi fiammeggianti che risaltano anche con la pellicola in bianco e nero. Il cattivo è per lo più una persona malata e sofferente, piuttosto che un malvagio. Ben più inquietanti appaiono le cosiddette persone normali, cioè i quattro testimoni della donna con il cappello che negano tutti di averla vista infischiandosene della vita dell’accusato e arrivando addirittura, alcuni di loro, a farsi corrompere dall’assassino per dire il falso. Il vero buio è quello delle loro anime.
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