Regia di Spike Lee vedi scheda film
Quartiere di Brooklyn, piena estate, temperatura a mille ed umidità pazzesca, ma il caldo infernale ha a che fare solo in minima parte con le condizioni meteorologiche, in quanto espressione delle tensioni razziali presenti in una società americana sempre più multietnica nella composizione, senza che ciò corrisponda ad un pari riconoscimento di possibilità socio-economiche per tutti i cittadini. Spike Lee, regista emergente che s'era fatto un nome con opere indipendenti, che portavano alla ribalta la minoranza afroamericana, con Fà la Cosa Giusta (1989), alza il tiro, girando un'opera incazzata, rabbiosa e fortemente ambigua nello sguardo d'insieme, ma risulta essere proprio per questi motivo, un bello scossone nei confronti di un cinema statunitense ristagnante e sempre più allo sbando artisticamente, dopo che nei primi anni 80' s'era esaurita definitivamente la carica rivoluzionaria della New Hollywood.
Sin dai titoli di testa carichi di polemica, dove l'attrice Rosie Perez balla in modo furente sulle note polemiche di Fight the Power - motivo che ritornerà nel corso del film, tramite l'autoradio a tutto volume di Radio Raheem (Bill Nunn) -, Spike Lee grida il suo sentito "vaffanculo" a tutto il perbenismo presente nella società americana, mettendo in scena i conflitti razziali, con uno stile originale mutuato dai videoclip, tramite sghembature di riprese, angolazioni taglienti, montaggio serrato ed interpretazioni emotivamente caricate da parte degli attori, creando un caleidoscopio etnico, pronto ad esplodere per un nulla, tipo l'accusa mossa da Buggin (Giancarlo Esposito), - uno spiantato perdigiorno con velleità da attivista politico - per l'assenza di foto dei "fratelli neri", alla parete della pizzeria italo-americana gestita da Sal (Danny Aiello) e dai suoi figli Pino (John Turturro) e Vito (Richard Edson), in cui lavora il giovane Mookie (Spike Lee stesso nelle vesti di attore, con risultato non proprio sopraffini), come fattorino addetto alla consegna.
Lo schiavo “nero” al servizio dei padroni bianchi, maggioranza nella nazione, ma minoranza in quel luogo; Sal; Sal si è adeguato al contesto ed in un certo senso è orgoglioso del suo lavoro di una vita, nonchè di aver tirato su culinariamente molte persone di colore del luogo, grazie alle sue ottime pizze, mentre il figlio Pino, si sente frustrato dalla situazione a Brooklyn, in quanto discriminato dalla sua stessa comunità italo-americana, che lo denigra per il suo vendere pizze ai neri, scatenando in lui un circolo di rabbia, risentimento e razzismo, pronto a sfogarsi sempre su Mookie, il quale mette in evidenza la fallacia contraddittoria delle sue discriminazioni.
La scrittura di Spike Lee, punta su una narrazione corale, con vari personaggi di varie etnie, bianchi, neri ed asiatici, senza mai di perdere di vista la tematiche dell'intolleranza e dei conflitti razziali, sottolineando l'impossibilità endemica della società americana di poter sperimentare una pacifica coesistenza, un futuro nero, come l'inquadratura di Sal in controluce mentre poggia la mano sul suo capo sconsolato, per le invettive del figlio contro un venditore di foto di Malcom X e Martin Luther King.
Il punto di vista è prevalentemente incentrato sui personaggi di colore, ma bisogna riconoscere una volta tanto a Spike Lee di essere un regista più arguto di quanto lo sia nelle sue sparate quando viene intervistato; nessuna figura è innocente. Se i rapporti interpersonali sono dettati da una fastidiosa tolleranza reciproca, nei memorabili primi piani incazzati dei vari protagonisti, inquadrati in stile intervista-monologo fiume della macchina da presa, costoro vomitano verso di essa i peggiori insulti discriminatori, esacerbando la loro rabbia puramente autodistruttiva, poiché senza possibilità alcuna d’incontro, tanto che ognuno preferisce essere rinchiuso nel proprio ghetto mentale, incapace di dare uno sguardo d’insieme, che vada oltre il sè stessi o la misera comunità d’appartenenza, perchè l’unica relazione possibile con il prossimo, risulta essere lo scontro con “l’altra razza” per il dominio di un misero territorio, mentre chi sta nelle alte sfere ne approfitta secondo la logica del “divide et impera”, mirante solo a sommergere chi sta in basso di inutili status symbol capitalistici – magliette di marca, Air Jordan o ornamenti all’ultimo grido -, che scatenano solo ulteriori conflitti pretestuosi, quando poi la vera tragicità della questione razziale, porta le sue conseguenze ancora ancora oggi, tanto da non essere praticamente uguali a sé stesse nell’arco di oltre 30 anni dall’uscita dell’opera.
Nella sua invettiva forse non tutti i bersagli risultano eticamente centrati; assimilare in un tutt'uno italo-americani e bianchi, risulta essere un pò una forzatura, alla luce delle discriminazioni subite da tale comunità, cominciando dai membri del Klu Klux Klan, passando per il Mein Kampf di Adolf Hitler dove il dittatore tedesco considerava gli abitanti dell'Italia meridionali più vicini all'Africa che alla sedicente razza ariana, nonchè alle diatribe sul non considerare come "caucasici puri" i popoli dell'Europa mediterranea, sino a recenti affermazioni strambe provenienti dall'Inghilterra, nelle quali gli italiani non sono da considerare bianchi. Eleggere gli italo-americani a rappresentanti assoluti dei bianchi, risulta quindi un pò una forzatura da parte del regista, ma a più visioni le accuse di italo-fobia sono da respingere, dato il ritratto d'insieme mai manicheo, perchè secondo Radio Raheem con le incisioni sui tirapugni, ogni essere umano è un concentrato di amore ed odio, forze motrice presenti in ognuno, in base alle quali la propria coscienza si muove nel fare la cosa giusta, secondo una logica prettamente personale, mai assoluta, come le citazioni finali in chiusura di film di Martin Luther King e Malcom X; forse Spike Lee visto il prosieguo di carriera propende più verso quest'ultimo che per il primo, ma comunque dona grande potenza concreta alle affermazioni del reverendo, ridotto nel cinema americano ad un santone che educa i "bianchi".
Contestato da gran parte della critica USA dell'epoca per un presunto incitamento alla violenza ed il tono fortemente incazzato, a questo capolavoro assoluto del cinema venne negata una meritatissima Palma d'Oro al Festival di Cannes, oltre ad ottenere sole due misere candidature agli Oscar, miglior sceneggiatura e migliore attore non protagonista (Danny Aiello), venendo sconfitto dal pessimo quanto ammuffito A Spasso con Daisy (1989), vincitore indiscusso della serata in quanto tipico cinema che affronta le tematiche razziali in modo "educato" secondo l'accademy.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
Originariamente pubblicato su Quart4 Parete: https://www.4pareteita.it/2022/09/01/fa-la-cosa-giusta-fight-the-power/
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