Regia di Harmony Korine vedi scheda film
Korine usa la tecnica del clip musicale, mista a quella del video amatoriale e del fotoreportage, per una vertiginosa incursione nel mondo dell’“anormalità” fisica e mentale. Inquietanti gli episodi di psicosi familiare ed i riferimenti religiosi che assumono connotazioni macabre. La follia è ritratta come una crudele e sinistra goffaggine, che squarcia quel velo di grazia ed innocenza che rende accettabile e rassicurante la realtà. Quello di “Julien Donkey-Boy” è un mondo “freak”, che protrae l’infanzia oltre il suo limite naturale, e nel quale gli adulti-bambini sono posseduti da una sorta di grottesca incoscienza. I giochi, le filastrocche, le canzoncine diventano così rabbiose e ripetitive manifestazioni dell’incapacità di vivere, riti maniacali e messaggi cifrati che sono i vacui ed assurdi sfoghi della marginalità.
La regia non abbandona mai lo spettatore, tenendolo incollato al lugubre spettacolo di una realtà deforme e dissonante, e non concedendo alcuno spazio all’immaginazione, alcuna possibilità di salvezza nel candido regno della fantasia.
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