Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
L'isola è un film sud-coreano del 2000, scritto, diretto e montato da Kim Ki-duk; si tratta del quarto lungometraggio del regista e soprattutto primo film con il quale si fa consocere lontano dalla Corea: L'isola ha vinto il Corvo d'oro al Festival Internazionale del cinema fantatsico di Bruxelles.
Sinossi: in un lago coreano, molto lontano dal centro abitato, la misteriosa Hee-jin gestisce un piccolo "villaggio" turistico di terzo ordine, costituito da una serie di baracche gallegginati dove ci si rigufia per una notte di sesso e pesca con gli amici. Un giorno giunge il fuggitivo Hyun-shin; tra lui ed Hee-jin si svilupperà un ambiguo e masochistico rapporto.
Parlare di Kim Kim-duk non è mai semplice, lui è un cineasta autodidatta con un passato burrascoso che costantemente ritorna nel suo cinema (Kim è stato un soldato della Marina, un operaio, un artista di strada in terra straniera, e soprattutto un monaco); il regista è da sempre diviso tra due sentimenti tanto contrapposti quanto complementari: amore-violenza, due temi portanti del film esaminati molto bene attraverso i due protagonisti.
Hee-jin, ad esempio, è una ragazza alquanto misteriosa ed enigmatica, di lei non sappiamo molto tranne che si prostituisce la sera per qualche Won, tuttavia il denaro non reintra tra i suoi interessi, probabilmente brama disperatamente un rapporto/contatto fisico con altre persone; Hae-jin soffre molto la solitudine e questo suo malessere la porta a raptus estremamente violenti.
La violenza è quindi una componente importante in questo film, tuttavia non è fine a se stessa; il sangue non sgorga per inorridire ma è una metafora del dolore dell'animo, di una alienazione e incomunicabilità insostenibili ed il tutto viene espresso attraverso la lacerazione della carne, a tal proposito emblematica e simbolica la sequenza in cui Hyun prima fa a pezzetti un pesce vivo, poi ne pesca un altro ma è ferito e lo risparmia poichè si identifica in lui (ferito sia fisicamente sia psicologicamente).
Da un punto di vista tecnico prevale la macchina da presa fissa, detto questo lo stile di Kim Ki-duk è sperimentale e all'insegna di un linguaggio figurativo fortemente simbolico, il tutto filtrato attraverso immagini sia violente sia poetiche (come l'inizio in campo lunghissimo con un paesaggio acquatico immerso nella nebbia).
Interessante il finale di stampo surrealista.
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