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L'isola - Seom

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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La recensione su L'isola - Seom

di Azrael
8 stelle

Una parabola di redenzione tra la passione e il dolore. 

 

Il riposo dello spirito può non bastare per ritrovare la pace interiore, bisogna lasciarsi trasportare dall'ombra e conoscere il male che si vuole espiare. Lasciare che la sofferenza inghiotta, accettandola. Questo l'insegnamento di Junichiro Tanizaki nel suo Libro d'ombra che racchiude un po' anche il senso generale di una certa sensibilità orientale. Tanizaki, abile esploratore di un erotismo cupo e decadente, avrebbe probabilmente apprezzato questo film, ricco di ossessioni erotiche distruttive che si intrecciano su uno sfondo sereno di tranquillità zen, creando un particolare connubio che solo un certo tipo di estetica orientale può restituire. 

Il tratto più evidente del film, tipico di gran parte del cinema di Kim, è il minimalismo stilistico che permea la scena in uno stato di quiete. Una quiete che non è necessariamente quella interiore, ma un qualcosa che mantiene l'equilibrio di tutte le cose. Il film si apre con immagini idilliache di nebbia sull'acqua e piccole casupole galleggianti, che si scoprirà abitate dai visitatori del luogo. L'ambientazione è un lago non ben definito circondato da basse colline verdeggianti, lontano dalla civiltà: gli elementi di civiltà sono elementi esterni che "visitano" il luogo, comparse estranee. Nodo centrale è il travagliato rapporto tra due persone, uomo e donna, delle quali non ci viene fornito il nome (risulta in Hee-Jin e Hyun-Shik). Caratteristico è anche l'uso consapevole dei silenzi: un centinaio di battute in tutto. Kim lascia parlare i gesti e le immagini, ripudiando il verbo. 

 

Come in altri film di Kim il soggetto principale è un singolo individuo in un percorso di redenzione o di riscatto, di emancipazione dalle proprie insidie interiori. Situazione che sicuramente riflette anche il dramma personale di Kim, dalla biografia tormentata. Un uomo, che si suppone abbia ucciso l'amante che lo tradiva e che quindi sia in fuga, in uno stato di sofferenza tra il pentimento e la volontà di farla finita. In realtà non viene esplicato il "peccato" che l'uomo ha commesso, se non tramite una breve sequenza di sogno, o visione. 

Il personaggio di lei: achetipo di una figura quasi materna, dai tratti particolari e sotto certi aspetti anche sovrumani. Basti pensare alle scene dove emerge improvvisamente dall'acqua, come fosse un qualche spirito del folklore locale, creatura acquatica che ha ben poco di umano. In realtà gestisce il luogo come semplice impiegata e a volte sembra normalmente adempiere al suo compito, altre volte ha funziona come di guardiano del lago: si concede agli uomini ma allo stesso tempo riesce a controllarli, ferirli e umilarli quando vuole. 

Cosa rappresenta questo luogo? Nel film esiste veramente, pur trovandosi al limite della credibilità. Un luogo terapeutico, dove si rifugiano le persone che hanno bisogno di una pausa dalla vita mondana, fuggitivi che capitano di li per scaricare le proprie tensioni o semplicemente per svago. La donna vive in una casupola sulla sponda del lago, accudisce e serve queste persone (perlopiù uomini) con ogni genere di servizio (anche meno ortodosso).

 

Ogni spazio è diviso dagli altri, solo Hee-Jin (la donna) li mette in comunicazione trasportando oggetti e persone su una piccola barca. La casa gialla, dove prenderà "residenza" l'uomo, è il luogo centrale della vicenda: non solo un oggetto, ma un singolo spazio distinto e diviso dagli altri spazi. Kim vuole creare una sensazione di familiarità tra lo spettatore e questo microcosmo di quache metro quadro. La casa è il luogo dove i due si conoscono e si innamorano, dove viene consumaro il loro rapporto. Questa ricerca di un'intimità coinvolgente, tramite una stilizzazione estrema dei luoghi e degli spazi, verrà ripresa da Kim in Ferro 3. Lo spettatore viene reso partecipe di questa familiarità, fino alla scena che sigla definitivamente il legame dei due protagonisti: quella dove dipingono la casa di un giallo più intenso. 

Anche nei momenti più oscuri, i tentativi di suicidio e di stupro, comunque i due si trovano e agiscono entro la piccola casa galleggiante. L'immagine della casa gialla come spazio isolato costruisce una relazione di eventi in un ambiente condiviso, ovvero "l'isola" del titolo. Non quindi solo un luogo fisico ma anche sentimentale. L'isola come uno spazio (non necessariamente fisico) isolato da tutti gli altri (anch'essi nel lago). Vicinanza, lontananza, limite, incomunicabilità. 

 

Lo sfondo della vicenda è caratterizzato dal soffermarsi sugli elementi naturali e lo scorrere delle giornate (poi elementi ripresi nello splendido Primavera, Estate...). Lo scorrere dell'acqua e i pesci che nuotano, il vento che smuove le foglie. Gli uomini sono stranieri che si ritrovano in questo luogo nascosto. I fenomeni atmosferici come pioggia e vento sono anche riflessi di stati d'animo, in particolare quelli di lui, che cercherà a più riprese di togliersi la vita e verrà reso in salvo dalla donna fino ad un finale enigmatico. L'immagine più suggestiva è quella che cattura i due sulla barca in un mare di arbusti acquatici occupante tutto lo schermo, ad esclusione del piccolo spazio laterale dove si trovano i due. 

 

L'aspetto più interessante del film è la contrapposizione, o il reciproco alternarsi, di questa atmosfera di quiete con la crudezza quasi insopportabile di molte scene. Kim non si risparmia nel mettere in scena feci, animali spellati vivi, pesce fatto a pezzi in presa diretta. Eppure questa violenza appare come un'altra parte di questo microcosmo (che è anche macrocosmo) ed è necessaria una sua comprensione per ritrovare la pace. Due aspetti apparentemente stridenti, ma che invece convivono come fossero parti del medesimo disegno. Lampi di fuoco nell'acqua che scorre, parti conviventi dello stesso insieme. 

Kim parte dal senso delle dottrine zen, inteso come ricerca della pace tra mente e corpo, suggerendo come la cognizione autentica del dolore costituisca una terapia. L'anima può quietarsi solo dopo aver fatto esperienza del dolore e della sofferenza (anche quella più estrema). Questo si lega anche alla pulsione sessuale, al desiderio puro che se sollecitato si trasforma in pulsione di morte. Un ritratto di Eros e Thanatos che può rimandare anche all'Impero dei sensi di Nagisa Oshima. 

 

Alcune sequenze degne di nota: quando lui prova a possedere lei ma viene rifiutato, con la pioggia battente sullo sfondo e una musica di quiete che risuona in contrasto. L'iniziale rifiuto di lei, che deve imporsi con la forza, mette in luce la sincerità di questo rapporto che si vuole formare. Come se lei volesse dire (perché non parla) di non voler essere usata per questi scopi di mero piacere e di volerlo salvare. Oppure la scena del disperato amplesso nel quale lui prima esaurisce con foga tutta la sua carica emotiva e poi cade esausto tra le braccia di lei, che lo abbraccia: qui lei incarna un sentimento materno di pietà per l'uomo distrutto. Ma alla fine lui è comunque in sua balia, sarà lei alla fine a portarlo via. 

Il primo incontro intimo tra i due avviene dopo un tentativo di suicidio: la pistola puntata alla testa, lei che lo accoltella alla gamba. Subito il sangue, la ferita: l'amore autentico e con esso la salvezza come serenità ritrovata, devono conoscere e provare il dolore per riuscire ad esprimersi davvero. 

Segue alla scena del (secondo) tentato suicidio da parte di lui il primo vero rapporto sessuale dei due. Il corpo esangue di Hyun (lui), qualche amo da pesca di troppo, viene sottoposto ad un estremo supplizio fisico, necessario per salvargli la vita. Una scena molto forte, alla quale seguirà la prima unione dei due (con lui ancora in stato di incoscienza), come fosse normale continuazione. 

 

L'acqua del lago ha un ruolo specifico: laddove vengono lasciati i ricordi e dove le cose affondano (come la pistola, o una motocicletta) mentre la casa (l'isola) vi galleggia al di sopra. Quando lui sembra volersi arrendere alle circostanze (nel corso degli eventi, una donna morirà, proprio quella che lui sfruttava per assetare il proprio desiderio carnale, specchio deviato del sentimento che può solo accrescere la disperazione), avviene anche il gesto estremo da parte di lei (sempre attraverso l'uso non convenzionale di ami da pesca), gesto che suggella il legame in maniera indissolubile. L'immagine del cuore formato da due ami imbrattati di sangue, riflesso della sofferenza che entrambi hanno (consapevolmente) affrontato.

 

Un essenzialismo stilistico elegante e delicato che nasconde un'anima pulsante pronta ad esplodere in lampi di passione e crudezza inauditi. Affrontare la realtà nella sua crudezza è doloroso, ma può anche offrire la ragione di questo dolore e con essa la possibilità di conoscerlo e superarlo. Solo se la sofferenza viene conosciuta nella sua forma più autentica allosa diventa possibile uscirne. Questo sembra essere il messaggio di Kim.

Il film rimane non del tutto risolto, con la scena finale che lascia interrogativi sulla sorte dei due, mentre fuggono dal destino "insieme" all'isola. Gli arbusti acquatici nei quali lui si perde sono anche i peli pubici del sesso di lei, che nell'ultima scena appare in stato di apparente morte (o sonno) mentre galleggia sulla barca. Forse un trionfo dell'eros, il desiderio ormai spurgato da ogni impurità. 

Film di difficile visione ma dotato di notevole fascino (anche sinistro), mantenendosi in abile equilibrio tra delicatezza e passione travolgente. Caratteristica che solo l'oriente riesce a mettere in scena con tanta efficacia e che ha trovato nel compianto Kim, nella sua estetica del dolore e delle passioni più profonde, uno dei suoi massimi cantori. 

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