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La casa di sabbia e nebbia

Regia di Vadim Perelman vedi scheda film

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La recensione su La casa di sabbia e nebbia

di degoffro
6 stelle

"Questa è la sua casa?"
"No, non è la mia casa!"
Una casa sull'Oceano. Per Kathy Nicolo, abbandonata dal marito, sola come un cane, con un modesto lavoro da donna delle pulizie e con in passato problemi non ancora del tutto risolti di alcolismo, è l'unica certezza che le resta, peraltro con un forte valore affettivo, visto che le è stata lasciata in eredità dal padre ("Mio padre ha lavorato sodo per quella casa. Ci ha messo trent'anni per pagarla e io in otto mesi l'ho mandata in malora!", dice sconsolata). Per il colonnello iraniano Massoud Arnir Behrani, trapiantato da alcuni anni negli States dopo una prestigiosa carriera militare in Iran all'epoca dello Scià, costretto ad esiliare con l'avvento degli ayatollah, privatosi di molte delle fortune accumulate per garantire alla figlia, nel suo paese d'origine, un matrimonio da mille e una notte, ed ora invece costretto a lavorare come operaio edile in un cantiere di giorno, e come commesso in un store di notte per mantenere un elevato livello di vita alla moglie e consentire al figlio Esmail di proseguire i suoi studi universitari, quella stessa casa, assai simile al suo mai dimenticato bungalow sul Mar Caspio, diventa l'occasione per un riscatto personale, per una importante riaffermazione, il punto di partenza per iniziare una nuova vita, più vicina a quella del passato. Quando la villa viene sottratta dalla Contea a Kathy che non ha pagato 500 dollari di tasse, il colonnello Behrani riesce ad aggiudicarsela all'asta per un prezzo irrisorio. Rivoltasi invano ad un avvocato per far valere le proprie ragioni, Kathy cerca di convincere Behrani a lasciarle la sua proprietà. L'uomo però è sordo alle sue richieste, irremovibile e deciso nelle sue posizioni, disposto a vendere l'immobile solo ad un prezzo quattro volte superiore a quello per cui l'ha acquistato. A peggiorare la situazione interviene il vice sceriffo Lester Burdon, con situazione familiare critica, innamoratosi di Kathy e pronto a tutto pur di permettere alla donna di riavere ciò che le spetta. Lo scontro tra due diverse ostinazioni, ma anche tra due diverse culture porterà a conseguenze nefaste per tutti. Tratto dall'omonimo best seller di André Dubus III è il film d'esordio, lussuosamente targato Dreamworks, di Vadim Perelman, già regista pubblicitario, cittadino ucraino emigrato negli Stati Uniti dopo aver passato la giovinezza in giro per il mondo (anche in Italia dove, per un certo periodo, ha vissuto e vagabondato al Lido di Ostia). Il tema principale è inconsueto per il cinema americano. Il possesso di una casa e la stabilità e le certezze che derivano dall'avere un tetto sotto cui stare. Interessante anche l'analisi degli effetti irreversibili e devastanti cui può portare l'impuntarsi ostinato e testardo su certe rigide convinzioni, senza tentare di trovare un accordo o una soluzione di compromesso. Accurata la regia di Perelman, abile a rimanere distaccato, senza prendere posizione a favore di nessuno dei due contendenti, ognuno dei quali ha le sue legittime ragioni ed i suoi sacrosanti diritti da far valere. Specie nella prima parte, poi, il regista fotografa con estrema efficacia e puntigliosa lucidità la quotidiana e faticosa vita di Kathy e Behrani, la prima costretta a lavarsi e cambiarsi in un bagno pubblico, a dormire in auto e a lasciare depositate le proprie cose in un magazzino, il secondo a sua volta abituato a togliersi la divisa da carpentiere e a lavarsi in un bagno pubblico, per poi indossare un elegante abito da affermato uomo d'affari prima di rientrare a casa, quasi due alieni in un mondo che non gli appartiene (più). Lodevole il lavoro di Ben Kingsley, fin troppo bravo nel calarsi in modo quasi mimetico nella parte, conferendo al suo colonnello una freddezza ed un'ambiguità che sfociano nell'antipatia. Jennifer Connelly è meno in forma che in "A beautiful mind" anche perché il suo ruolo è carico di banali stereotipi e, a tratti, è persino irritante nella sua inettitudine ed incapacità di reazione (si pensi per esempio alla telefonata piangente al fratello che pare, peraltro, del tutto disinteressato al destino della sorellina, preso com'è dalla sua attività lavorativa). Quando poi sul finire, amareggiata, afferma alla pacata e paziente Nadi, moglie del colonnello, "Mi dispiace tanto per tutto questo." la si vorrebbe prendere a sberle e mandarla al rogo con tutta la sua casa. Una spanna sopra tutti però si pone proprio Shohreh Aghdashloo, toccante ed incisiva nel ruolo di Nadi: in poche scene l'attrice regala un'interpretazione vibrante e coinvolgente (valgano la sequenza in cui reagisce stizzita alla notizia che il marito ha acquistato una nuova casa - "Non sono venuta in America per vivere come un arabo, con una famiglia che vaga per le strade come gli zingari!" - o quella in cui accoglie amorevolmente in casa Kathy, feritasi con dei chiodi al piede, mentre tentava di impedire agli operai di ristrutturare il terrazzo della sua casa). Peccato che la sceneggiatura firmata dallo stesso regista con Shawn Lawrence Otto abbia alcuni evidenti e poco giustificati limiti. A partire dal sovraccarico ed eccessivamente melodrammatico finale con cui si risolve in modo assai deludente ed enfatico l'intrigante conflitto legge/etica fino allo sciagurato personaggio del vicesceriffo, reso ancor più insopportabile e fastidioso da Ron Eldard, l'attore che lo interpreta. Ogni volta che entra in scena sono disastri, e non solo per i protagonisti. La sequenza in cui la moglie gli fa una scenata davanti alla stazione di polizia con i due bimbi che piangono disperati in auto è penosa e sconcertante, la sua visita intimidatoria a casa del colonnello ("Io ho più di qualche contatto all'immigrazione!") farsesca, il sequestro della famiglia di Behrani, dopo che per ben due volte il colonnello e la moglie avevano salvato dal tentativo di suicidio la sua disperata Kathy, che nel giro di un quarto d'ora aveva cercato prima di spararsi in testa, poi di avvelenarsi nella vasca da bagno senza alcun timore del ridicolo, del tutto inutile ed indisponente. Tra l'altro, giusto perché il personaggio lo trovo odioso e superfluo, sottolineo una ininfluente ma evidente svista dello script. Ad un certo punto Kathy chiede a Lester quale sia la sua situazione e l'uomo risponde: "Ho sposato la mia migliore amica. E per sette degli ultimi nove anni non c'è stato più di un abbraccio o di un bacio sulla guancia." Poi però si viene a sapere che dalla moglie ha avuto due figli, una di nove anni (ok) e uno di quattro. E qui i conti non tornano: o è intervenuto lo Spirito Santo o il buon Lester, dalla mente chiaramente appannata, si è dimenticato di quella volta in cui con la moglie c'è stato qualcosa di più di un semplice abbraccio o un bacio sulla guancia. Al di là di queste inezie, da rimarcare un solo momento altissimo, da un punto di vista drammaturgico: quando Esmail viene colpito dai poliziotti ed esplodono la rabbia, il dolore e l'angoscia di Behrani. Un pò pochino però in oltre due ore di proiezione per un film che, particolarmente attento alla psicologia del protagonista e della sua famiglia (molto bella, per esempio, la sequenza in cui il colonnello parla con il figlio Esmail appena svegliatosi, dopo che la sera prima aveva schiaffeggiato la moglie in sua presenza, invitandolo a non comportarsi come ha fatto lui e a non sentirsi in colpa per Kathy perché "A quella donna hanno tolto la casa perché lei non ha pagato le tasse. Questo accade quando si è irresponsabili."), sacrifica invece gli altri personaggi, ridotti a risapute e telefonate macchiette e, come detto, si perde in un poco convincente e sfacciatamente lacrimevole epilogo narrativo. E anche l'immagine di un sogno americano in frantumi ed irrimediabilmente lacerato è tutto fuorché nuova. Curioso comunque il modo in cui Behrani giudica, dal suo personale punto di vista, gli americani, evidenziandone la principale differenza rispetto al suo popolo: "Gli americani non si meritano quello che hanno. Hanno occhi come bambini, sempre alla ricerca di occasioni di svago, divertimento, dolci sapori in bocca. Noi siamo diversi. Noi riconosciamo le occasioni. Non gettiamo via i doni del Signore!" Ci sarebbe poi da chiedersi se davvero, solo per non avere pagato 500 dollari di tasse, in California si proceda al sequestro della casa, sfrattandone i proprietari: se il fisco agisse in modo così perentorio anche in Italia, la stragrande maggioranza della popolazione rimarrebbe senza fissa dimora. L'avvocatessa è interpretata da Frances Fisher, ex compagna di Clint Eastwood. Fotografia elegante di Roger Deakins, collaboratore di fiducia dei fratelli Coen e pluricandidato all'Oscar; musiche leggermente pompose del solito James Horner. 3 nomination all'Oscar (per Ben Kingsley, Shohreh Aghdashloo e per James Horner). Passato sotto silenzio in Italia (circa 600.000 Euro complessivi di incasso), solo 13 milioni di dollari al box office americano, nonostante critiche fin troppo lusinghiere. La casa del titolo si trova al 34 Bisgrove Street nella fittizia "Pacific County" in California. Nel 2005 Jennifer Connelly sarà ancora alle prese con una casa "maledetta" in "Dark Water" di Walter Salles.
Voto: 5 e mezzo.

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