Regia di Peter Jackson vedi scheda film
3° ed ultimo atto dell’imponente impresa cinematografica a firma Peter Jackson, Il ritorno del re è – senza troppi dubbi – il migliore del trittico. Il più lungo, il più ricco di colpi di scena ed effetti speciali, il più avvincente, il più mastodontico, il più epico e il più grandioso. Frutto fecondo d’una lunghissima fase di post-produzione (pare durata ben più di due anni), s’impone come la fragorosa e riuscitissima conclusione d’un epopea in celluloide che – tutto sommato – si conferma una buona trasposizione sullo schermo dell’opera di Tolkien.
Ed è da vedere in particolare nell’ottima edizione estesa realizzata per il mercato dell’home-video, qui ancora più che in passato fondamentale al fine della perfetta comprensione e chiarificazione di diversi passaggi (vedi – ad esempio – il caso della sequenza con protagonisti Saruman e Vermilinguo, lasciata inspiegabilmente fuori dalla versione cinematografica). In tale versione estesa, dal minutaggio di ben 251’, peraltro si rivela ancor di più la natura immane e complessissima dell’operazione.
Difatti, il film è assolutamente spettacolare, incredibile, un’esperienza visiva di grande impatto che difficilmente può lasciare indifferenti. Forse, per i “profani”, può risultare un po’ arduo da seguire e un po’ meno interessante od emozionante, ma neanche molto a dir la verità. Anche solo la componente puramente spettacolare è infatti semplicemente impressionante e riuscirà certo a coinvolgere appieno anche i più restii. Le grandi battaglie in particolare sono mozzafiato (quella di Minas Tirith su tutte), mentre le scene d’azione in genere tengono comunque sempre incollati allo schermo.
Tuttavia, il film non si dimentica neanche di approfondire ulteriormente le psicologie di diversi personaggi (vedi la sequenza iniziale dedicata a Sméagol/Gollum, ma anche quelle riguardanti Aragorn e Gandalf, giusto per citarne alcuni).
Certo, alcune cadute di tono e ritmo ci sono e bisogna ammetterlo (in particolare negli ultimi 20-25 minuti che veramente sfidano la pazienza anche del più bendisposto degli spettatori), il personaggio di Arwen dispiace dirlo ma si rivela ancora una volta perfettamente inutile, o meglio un semplice pretesto per inserire sequenze sdolcinate da mélo hollywoodiano di serie B, mentre alcuni personaggi restano un poco relegati sullo sfondo (specialmente Gimli e Legolas).
Inoltre, a voler fare i pignoli, ci si accorge ben presto (e molti l'hanno fatto) di come gran parte dei momenti meno riusciti siano proprio quelli in cui si svia alquanto dal romanzo d’origine (a parte appunto Arwen e le sue vicende a Gran Burrone col padre Elrond, da notare sono almeno l’insopportabile tiremmolla patetico tra Frodo e Sam nel momento in cui vengono per un breve periodo separati da Gollum e il “salvataggio” da parte di Sam alla Torre di Cirith Ungol, reso molto più anodino e spento e decisamente meno coinvolgente che non nell’opera letteraria, a causa anche dell’inutile inserimento d’un ennesimo tiremmolla para-sentimentale tra i due hobbit che si protrae sino alle pendici del Monte Fato).
Lo spettatore che non abbia familiarità con Tolkien ovviamente non noterà neppure tali differenze. Ciononostante, quasi sicuramente noterà eccome i conseguenti cali di ritmo e qualità. In ogni caso, al netto di tutto ciò, ovvero di qualche (potremmo dire “scusabile”) faciloneria narrativa, Il ritorno del re rimane pur sempre il miglior capitolo della trilogia, nonché uno dei migliori fantasy cinematografici mai prodotti.
Un film come detto mastodontico, girato benissimo, aiutato in misura determinante da effetti speciali e scenografie tra i più maestosi e convincenti, oltreché dalla cupa fotografia di Lesnie e dalla sempre coerente e avvolgente partitura di Shore.
Forse non a caso si “guadagna” un grandissimo successo di pubblico, il maggiore della trilogia, e inoltre (pur in palese indifferenza dell’Academy del capolavoro Mystic River e con qualche esagerazione) ben 11 Oscar, pareggiando i conti con Titanic e Ben-Hur. Oscar andati in ordine a: film (che ad oggi rimane l’unico fantasy a vincere la statuetta in questa categoria), regia, sceneggiatura non originale, scenografia, costumi, trucco, montaggio, sonoro, effetti speciali, colonna sonora e alla canzone Into the West. Nel complesso, la saga si porta a casa 17 statuette, risultando la più “vittoriosa” di sempre: la definitiva coronazione, per quel che vale, dell’impresa di Jackson.
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