Regia di Peter Jackson vedi scheda film
C'è molta tristezza in questo ultimo episodio del Signore degli Anelli. Una tristezza che neanche il buon esito della missione riesce a smussare. E' come un senso di perdita. Di un qualcosa che non potrà mai più ritornare come prima. Anche se il Ritorno, uno dei temi importanti del film, avrà per i vari personaggi significati diversi. Per Sam, Pipino e Merry consisterà nella loro crescita, per Frodo è l' abbandono della vita come l' aveva sempre conosciuta, per Gandalf è un viaggio verso altre terre, per Aragorn il compiersi del proprio destino.
Gli elfi che abbandonano le sponde della Terra di Mezzo e Granburrone, la cui aria è già carica di decadenza. Gli uomini che rimangono soli. Una nuova era che sta per iniziare. Il Ritorno non è più un riassaporare cose vecchie con occhi nuovi. O per lo meno non è più solo questo. C'è stata una perdita. Un qualcosa che tutti hanno dovuto pagare. I personaggi sono rimasti irrimediabilmente cambiati dalle vicende che hanno affrontato. E questo si chiama crescere. E prendere coscienza del proprio posto nel mondo.
Aragorn è di sicuro il personaggio più affascinante di tutti. Interpretato da un profondo e sensibile Viggo Mortensen, il re vibra di una luce propria, di una regalità innata e incastonata in uno splendido volto. Aragorn cela angosce nei suoi occhi, svela speranze con uno sguardo, con un movimento del volto.
E lo Sguardo è un altro dei temi principali del film. Uno sguardo che da una parte è morte, odio, violenza. L' occhio di Sauron. Una vista maligna che vorrebbe avvolgere tutto e tutto distruggere. Mentre dall' altra parte abbiamo l' occhio come Visione. I personaggi entrano, quasi tutti, in contatto con una realtà profonda delle cose. Attraverso, però, una Visone di questa realtà. Che in acluni casi è anche previsone, anticipazione degli avvenimenti futuri. Questo è quanto accade a Pipino quando guarda nel Palanthir. O Legolas che col suo sguardo coglie segni del reale comprensibili a pochi. E poi Gandalf che sulle visioni e la loro comprensione basa le sue scelte. E infine l' occhio dello spettatore. Che tramite lo schermo entra in questo mondo fantastico e magico. Che tramite la bellezza dei paesaggi e delle immagini riesce, forse, a cogliere anche qualcosa di profondo proprio del librso stesso. Forse questa estetica creata da Jackson serve proprio per trasmettere all' occhio cose che dovevano essere trasmesse al cuore. Ma che danno la stessa sensazione. E' l' occhio che si emoziona, ma il cuore è due passi da lui.
La scena in cui tutti si inchinano davanti agli hobbit è commovente. Ma in un senso epico del termine. E' la fine di un' avventura.
E la Fine è forse l' elemento che coinvolge emotivamente più di tutti. Quando ci si affeziona a dei personaggi è impossibile lasciarli. Tolkien effettivamente ha scritto altri libri che parlano degli hobbit e deli altri personaggi. Ha allargato il "mito" del Signore degli Anelli con fiabe, racconti, leggende. E la tristezza di cui parlavo prima è anche legata al fatto che questi mondi fantastici vadano scomparendo. La partenza degli elfi, in realtà, vuole significare proprio questo. E' la partenza dal mondo degli uomini della fantasia, della magia e del rispetto verso la natura. Gli elfi vivono in simbiosi con il mondo che hanno intorno. Ma non lo sfruttano. Ci convivono. La loro partenza lascia il mondo nelle mani degli uomini. Cosa ne faranno?
Saranno capaci di convivenza, lealtà, onore? Aragorn personifica tutte queste qualità. Ma Aragorn è un Re. E' uno. Potrà mai Uno guidare i molti?
Non lo so. Non so rispondere. So solo che oggi ripensando al film è la malinconia la sensazione che provo. E forse anche la speranza. Di poter rientrare un giorno in questi fantastici mondi.
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