Regia di Rick Bota vedi scheda film
Pinhead si nasconde nel clima da crime movie.
Con questo sesto capitolo della saga, ideata da Barker, lo stile di hellraiser cambia notevolmente (come già avvenuto per il precedente hellraiser 5: inferno) . Se nei primi quattro film il tema principale era la lacerazione della carne, il dolore e supplizi del fisico, in questi diventa una sofferenza psicologica. Certamente anche nel quinto ed in questo capitolo vi sono molte scene di violenza fisica, ma l’ambientazione (molto meno surreale rispetto ai primi due capitoli) e le vicende si ripercuotono maggiormente attraverso una tortura della psiche, che viene lacerata in modo da non far più capire al personaggio chi essi sia e cosa in realtà gli stia accadendo. Il personaggio di questo film (come in quello precedente) è confuso ed ha continue visioni/incubi, facendo così capire allo spettatore che ha già incontrato Pinhead, i cenobiti e la scatola ma lasciandoli nel mistero ponendo la domanda:” Perché lo avrebbe fatto?” la risposta sembra quasi scontata ma il finale ne dà un’altra che (per chi ha seguito fin dall’inizio la serie) non ci si aspetterebbe.
Tornando allo stile si può parlare di una rivoluzione abbastanza positiva. Forse se si fosse continuato a mostrare ininterrottamente cenobiti e torture al limite della fisica si sarebbe caduti nel ripetitivo (sorte che è toccata ai film della serie Nightmare dopo il terzo capitolo) ma grazie a questa visione thriller-poliziesca si dà un’aria (che non segue i canoni di Barker) di novità e si inserisce perfettamente il personaggio demoniaco di Pinhead che non appare troppe volte nel film (nel precedente capitolo è praticamente una comparsa) per essere il personaggio principale ma nemmeno troppo poco per essere un personaggio secondario, di sfondo.
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