Regia di Luca Ronchi vedi scheda film
MARIO SCHIFANO TUTTO o quasi. Era difficile raccontare e condensare in un’ora e venti l’avventurosa vita del pittore romano nato a Homs in Libia nel 1933 e morto nel mese di gennaio del ’98. Luca Ronchi, suo collaboratore e amico ci ha tentato (completa e fondamentale la sua biografia uscita per Johan & Levi), privilegiando l’immagine, il colore, la parola, il dietro le quinte privato su uno dei più grandi pittori del novecento.
Schifano parla al telefono, urla, dice qualche frase in inglese, dolce e collerico. MARIO SCHIFANO PITTORE ATLETA DELLO SGUARDO, una didascalia ci ricorda che fece “20.000 quadri, 300 ore di registrazione, diari precisi noncuranti, cataloghi per nuove immagini e cuore di questo film”. I monocromi della fine anni cinquanta primi sessanta, il viaggio in America, la pop art romana e i primi riconoscimenti. Video per Mick Jagger e i Rolling Stones, l’amico e collega Franco Angeli, il poeta e suo grande ammiratore Ungaretti, l’incontro col cinema. “I professoroni di nome Perilli, Dorazio e Vedova non lo sopportavano perché avevano capito prima degli altri il valore di Schifano”, così raccontano i vari De Martiis e Mauri. “Il vero critico d’arte è l’artista”. L’amore per Bob Dylan perché un suo verso diceva “Ti amo più dei soldi”. Lui figlio del popolo ne fece a vagonate, ne sperperò e ne regalò senza limiti. Eccessivo e più grande della vita. Gli amori con la A maiuscola Anita Pallenberg e Marianne Faithfull, per citare le più note.
NEGLI ANNI SETTANTA MARIO E’ UN RE DI ROMA VIVE E LAVORA IN UNA GRANDE FACTORY ITALIANA PIENA DI TELEVISORI FINESTRE SUL MONDO E NON ESCE MAI. Un dandy che lavorava ventiquattro ore su ventiquattro, “il lavoro è tutto, l’uomo è niente” oppure “la parte più logica della mia vita è il lavoro”. Una produzione sconfinata, dalle biciclette (sua grande passione), agli alberi della vita passando per i paesaggi anemici, finendo o principiando (intuitivo e geniale) con le foto scattate alle immagini televisive per poi rielaborarle e ornarle con i suoi smalti e oli. Un’intervista non finita con Fulvio Abbate pone l’accento sui suoi stati alterati: dall’eroina dei settanta alla cocaina, “l’infantilismo curioso, la droga per esempio” ci informa il filmaker Franco Brocani. “Quattro volte in prigione, perseguitato per uso e abuso di droga”.
GLI ANNI OTTANTA, LA RINASCITA, LA (NUOVA) FAMIGLIA. L’adorato figlio Marco nato nel ’85. Ripreso, fotografato in ogni suo attimo, come d’altronde faceva per qualsiasi cosa, le uniche uscite nella villa al mare di Sabaudia. Gli amici Alberto Moravia, Achille Bonito Oliva e “il quadrificio Schifano” con la consueta e puntuale analisi sul suo lavoro e il suo essere. “Nella società di massa esiste il mercato che tramuta in oro la qualità dell’arte e il denaro è il riconoscimento…un marxista involontario”. Stati di dolcezza e poesia “stimoli la mia immaginazione, non la mortifichi mai”, alternati a sfuriate, umiliazioni e cazziatoni per un nonnulla ai suoi tanti collaboratori. Marcello Gianvenuti ci rammenta le tele computerizzate e fotografiche, Mazzoli il lavoro come una religione, una purificazione. La miniera d’oro, non solo per le sue tasche, Telemarket (che ancora oggi campa e sta per chiudere con le infinite tele, serigrafie, schegge di memoria e quant’altro), la magia internet scoperta prima di tutti (con tanto di sito). Muore con la stessa velocità con cui è vissuto dice qualche amico. Chiudo con il video messaggio filosofico di Enrico Ghezzi: “Ti sei ritirato nell’eremo più inaccessibile, l’immagine…sono registrato come una macchina, tu non eri mai abbastanza registrato”.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta