Regia di Koji Wakamatsu vedi scheda film
Sedotta dal direttore del grande magazzino in cui lavora, una giovane e bella commessa viene condotta nell'appartamento privato di quest'ultimo e seviziata fino all'alba. Riuscirà a liberarsi a scapito del suo aguzzino.
Embrione (1966): Locandina
Cupo e sadico dramma dell'abbandono edipico, questo pinku eiga di K?ji Wakamatsu ne rappresenta la prima produzione indipendente ed una riflessione dolente e disperata sulla solitudine e l'incomunicabilità dell'uomo nella moderna società nipponica. Approfittando della versatilità di un genere a basso costo che ha rappresentato il trampolino di lancio per molti giovani autori della nouvelle vogue nella terra del Sol Levante, il film di Wakamatsu introduce lo straniamento e le digressioni onirico-allucinatorie attraverso l'uso sapiente di inquadrature sghembe in campo stretto, il flashback e gli efficaci effetti di un simbolismo surrealista che spostano il discorso cinematografico al di là dei limiti scenografici e narrativi per approdare alle ossessioni esistenzialiste del suo disturbato protagonista maschile.
Embrione (1966): Hatsuo Yamaya e Miharu Shima
Se il sottotesto politico si fa meno rilevante e tangibile (la posizione di potere dell'uomo, i rituali di dominazione, le illusorie libertà civili delle figure femminili), è quello privato e personale che trova pieno compimento nella riflessione di un tradimento edipico che inizia dal suicidio di una madre debole e desiderata passando a quello di una moglie in cerca di una maternità negata per riversarsi infine nella mortificazione di una libertà femminile che sembra aver trovato la propria indipendenza economica e sessuale. Senza particolari esibizioni del repertorio disturbante cui questo genere di produzioni aveva abituato il pubblico giapponese, Wakamatsu utilizza "la violenza, il corpo e il sesso" come gli elementi una dialettica esistenziale che ci parla delle frustrazioni e dell'impotenza di un uomo di potere in cerca di un impossibile riscatto, rimarcando le ossessioni di compiutezza verso un corpo femminile che è tanto oggetto del desiderio quanto mistero ferino e primordiale in grado di generare la vita.
Embrione (1966): Miharu Shima
Embrione (1966): Hatsuo Yamaya e Miharu Shima
Embrione (1966): Miharu Shima
Chiuso nell'antro di stalattiti in cui sottomettere il corpo di una donna, l'uomo lotta inutilmente con i fantasmi della propria inateguatezza cullato dalla triste nenia di un richiamo embrionale, ma come la nascita anche la morte reclama il suo cruento tributo di sangue e dolore. La trasgressione rispetto alle regole di una libera convivenza tra i sessi ('Quando l'embrione caccia di frodo') non può che condurre alla rovina ed alla perdizione. Nato da una donna per vivere nel dolore, per mano di una donna prenderai la morte dolorosa.
Koji Wakamatsu
Trasmesso in Italia solo di recente grazie a 'Fuori orario' di Ghezzi, è un esempio più che significativo sulla riscoperta della prolifica produzione nipponica a cavallo degli anni 60 e 70.
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