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Su su per la seconda volta vergine

Regia di Koji Wakamatsu vedi scheda film

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La recensione su Su su per la seconda volta vergine

di OGM
8 stelle

Nel cinema di Koji Wakamatsu, il ritratto del male è sempre ridotto all’osso, alla sua scarna essenza di squallore e sofferenza. La sua arte è una poesia sbiadita e rassegnata, diluita nell’inchiostro annacquato del dolore; ma la reticenza e l’apparente distacco sono solo l’effetto della lontananza, del dislivello che separa la superficie della realtà dal fondo dell’anima, in cui si trovano le ferite più gravi ed insanabili.  Il nichilismo dei personaggi di questa storia deriva dall’impossibilità di arrivare con la mente e con il cuore fino a toccare quell’abisso, per comprendere l’origine della loro mortale disperazione.  La loro ricerca di un perché si esaurisce nel loro inutile vagabondare su e giù per le scale di un palazzo, dalla terrazza fino alla cantina: un viaggio astratto e inconcludente tra i  gironi di un inferno interiore, in cui l’unica certezza raccolta a metà strada è la banale logica della vendetta. Ad avere senso è solamente un freddo meccanismo assassino, come risposta naturale ed automatica al cinismo dell’offesa subita, o come radicale rimedio ad un madornale errore commesso.  Il sentimento è un accidente temporaneo, troppo fugace e occasionale per essere creduto; la stessa umanità è un’aura evanescente, che affiora in un momento, e che subito s’invola, come un canto che s’eleva una volta sola, per poi perdersi per sempre. Il suo permanere, od anche solo il suo ritorno, è un’insostenibile chimera, come lo è la compassionevole illusione di poter vivere una seconda verginità. Tutto ciò che è bello, infatti, passa e va, ed immutabile resta solo la prigione della nostra incapacità di svincolarci dai segni indelebili che in noi ha lasciato l’esistenza. L’unica possibile evasione è una volontaria corsa verso il nulla, che acceleri, per noi e per gli altri, l’ineludibile destino di dissolvimento: l’estetica di questo film è quella dello strappo, dello scatto estemporaneo, dei fotogrammi che, nel loro susseguirsi, compongono una drammatica prosa della precipitazione, delle azioni tragiche ed irreversibili che si consumano nello scioccante lampo di un istante.

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