Regia di Louis Feuillade vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE - FANTOMAS PARTE I
Al Grand Hotel Royal Palace in Parigi, un ladro scaltro e trasformista si insinua nottetempo nella camera della principessa russa Danidoff, derubandola di soldi e preziosi. Una serie di altri fatti, tra cui un omicidio, sconvolgono la capitale francese e l’ispettore Juve intuisce, assieme al suo giovane collaboratore Fandor, che la mano criminale che guida una banda di abili truffatori ed assassini è la stessa: quella del famigerato Fantomas, malvagio criminale così astuto che riesce sempre a dileguarsi anche quando le distanze si accorciano fino a ravvicinare i due acerrimi rivali, in duelli corpo a corpo in cui tuttavia il ladro riesce sempre a farla franca.
Con i cinque film che compongono il ciclo Fantomas, l’infaticabile regista nizzardo Louis Feuillaude, responsabile artistico della casa di produzione Gaumont, dà vita da una parte al primo vero “blockbuster” francese, ovvero si misura con un colossale successo di pubblico, che già seguiva con trasporto l’opera letteraria di Marcel Allain e Pierre Souvestre dedicata al celebre furfante trasformista ed imprendibile, e all’ispettore che deve instancabilmente dargli la caccia; dall’altro anticipa la tendenza fortunata, proseguita poco dopo l’inizio della prima Guerra, e grazie all’esonero del regista dal compiere il proprio dovere sul fronte, con il cineromanzo Les Vampires, che in un certo senso anticipa quella moda ormai così irrinunciabile che è quella del serial, attualmente ormai una moda dilagante e contagiosa, dal seguito ormai assai più trascinante che i prodotti per il cinema, usufruibile in varie forme e modalità sul piccolo schermo.
Il risultato di Fantomas è fantastico già solo a livello narrativo, dipanandosi la vicenda attraverso una storia spesso anche violenta e cruda che si organizza e vede coinvolti diversi personaggi e fronti paralleli di svolgimento, sia di indagine che di avvicendamento parallelo di fatti; circostanza problematica che costringe il regista a svariate svolte narrative molto elaborate ed assai interessanti per quegli anni di albori cinematografici e sperimentazione. L’ambientazione spesso notturna costringe Feuillaude ad inventarsi un “effetto notte” costruito su sfondi blu: escamotage che lascia un attimo perplessi, smaliziati quanto siamo oggigiorno, ma che poi si rivela piuttosto efficace.
Ma il film ci riporta, quasi come inviati speciali in una sorta di macchina del tempo, ad un’epoca così lontana che ci proietta quasi in un altro mondo, tanto sono lontani quegli anni “dieci” dagli attuali medesimi anni di un secolo (e millennio) successivo: strade acciottolate percorse da carrozze e cavalli che abbandonano qua e là cumuli di letame che la macchina inquadra come specchio fedel di una realtà quotidiana ormai impensabile; ma anche i vestiti, l’ossessione per i cappelli, la giacca ed il gilet che risulta appannaggio di tutti i ceti, anche indosso ai briganti più disperati; i messaggi scritti a mano e ripresi in primo piano in modo da far comprendere allo spettatore circostanze e dettagli che ci vengono in tal modo risparmiati in sede di rappresentazione, e molto altro ancora: tutti dettagli, spesso emozionanti, di un costume di vivere lontano apparentemente ben oltre i cento e più anni che ci separano dall’anno della pellicola.
Dimentichiamoci il Fantomas affascinante e glamour di Jean Marais, o l’ispettore Juve irascibile e comico riesumato e personificato nei tratti schizzati dello straordinario Louis des Funès, nella celebre serie cinematografica comica degli anni ’60, che in un certo modo stravolge i tratti dei due personaggi principali nati e sviluppati nell’omonimo romanzo: qui, agli albori dell’arte cinematografica, ci troviamo di fronte ad un brigante serio, cattivo, implacabile, oltre che imprendibile, in linea con i tratti dell’originale letterario: un assassino che non si tira indietro davanti a nulla e che non prova compassione né pietà di fronte a nessuna circostanza, quando la partita in gioco sono i soldi e i gioielli.
Visi trafelati, occhi sgranati, espressività sopra le righe necessaria a compensare la mancanza di un sonoro di cui alla fine non si sente poi così la mancanza, né ci impedisce di emozionarci di fronte ad una maestria tecnica ed organizzativa che quasi commuovono, soprattutto pensando che ormai nessuno delle centinaia di persone a vario modo coinvolte – direttamente o dietro le scene - nel faraonico ed ambizioso progetto, fa ormai più parte di questo nostro mondo futuro.
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