Regia di Salvatore Piscicelli vedi scheda film
Immacolata (Ida Di Benedetto) ha una macelleria ed è sposata con una figlia. Concetta (Marcella Michelangeli), invece, fa la bracciante agricola e vive da sola. Si conoscono e iniziano ad amarsi durante la loro detenzione in carcere. Si, perchè le due donne hanno subito l'onta della galera, per istigazione alla prostituzione di una minorenne l'una, per aver sparato al marito dell'amante l'altra. Uscite dal carcere vivono il loro amore alla luce del sole, Concetta va a vivere a casa di Immacolata e se ne infischiano del chiacchiericcio della gente e delle flebili proteste del marito di Immacolata (Lucio Allocca).
Esordio sorprendente di Salvatore Piscicelli, che con questo dramma della gelosia attua una sapiente commistione tra cultura “alta” e stilemi tipici della cultura popolare, tra contenuti di indubbio pregio sul piano del linguaggio cinematografico, tanto che Olivier Assayas sui Cahier du Cinema parlò di un "primo film ricco e consapevole di un autentico cineasta", e una forma che si rifà chiaramente ai tempi e ai modi della sceneggiata napoletana. La ricercata teatralità dei corpi si sposa sapientemente con le venature melodrammatiche di un triangolo amoroso intriso di forti passioni e insane gelosie. "Immacolata e Concetta" è un film che nasce già maturo, a suo modo unico nel panorama della filmografia italiana, così impastato nella cultura popolare eppure così capace di proiettarsi oltre i confini del suo contingente. Un film che mentre si snoda attraverso l'elaborazione di un amore difficile da far accettare, non manca di gettare uno sguardo di tipo antropologico sulla realtà Partenopea nel suo insieme (siamo a Pomigliano d'Arco), sia attraverso la riproposizione di idiomi e pratiche che sembrano proiettarci in una dimensione atemporale (emblematica in tal senso è la sequenza del pellegrinaggio delle due donne al santuario della Madonna di Montevergine in seguito all'incidente che ha reso paralitica la figlia di Immacolata), che mostrando il modo in cui la provincia è stata inghiottita dall'area metropolitana secondo uno sviluppo urbanistico brutale ed alienante. Immacolata e Concetta si amano si è detto, ma se ciò che le unisce è l'amore, ciò che le divide è la diversa gradazione con cui una è disposta a concedersi all'altra. Mentre Concetta vive un amore assoluto per Immacolata, questa non disdegna il sesso con altri uomini, ed infatti diventa l'amante di Ciro Pappalardo (Tommaso Bianco), un grossista di carni che gli offre di gestire una grande macelleria che ha aperto a Napoli. Concetta è l'omosessuale consapevole e intransigente, Immacolata, invece, è portata dal suo fuoco interiore a vivere continui sbalzi d'umore. Ama Concetta ma non sa concedersi con la medesima totalità, e neanche può evidentemente, perchè il suo essere moglie e madre la pone in una condizione di maggiore ricattabilità sociale. Ed è qui che escono fuori tutti quei limiti sovrastrutturali che impediscono al loro amore di dispiegarsi completamente, gli stessi che consentono di dare all'opera di Piscicelli una forte connotazione socio-politica. In fondo, quell'amore omosessuale così liberamente esibito, così carnale e vizioso, che anzichè essere inserito in un ambiente alto borghese viene fatto praticare a due popolane, tende al sovvertimento di un ordine sociale che si vorrebbe eternamente immutabile, scandito dalle sue regole ancestrali e da una ritualità del gesto sessuale che non ammette deroghe. Il senso del tragico è insito proprio nell'eccezionalità della situazione rappresentata, ovvero, nella sconfitta dell'inconsapevole tentativo di entrambe di superare le barriere del perbenismo piccolo borghese attraverso la forza dirompente del loro lagame, che unito all'impossibilità di Immacolata di rifiutare le lusinghe ammantate da proposte di buoni guadagni fattegli da Ciro Pappalardo, non potevano che condurre a un'esito violento della storia. Grandi tutti gli attori (di estrazione perlopiù teatrale, a cominciare "dall'eduardiana" Linda Moretti e da Lucia Ragni, qui impegnate in ruoli secondari), con una nota di merito per la "mattatrice" Ida Di Benedetto. Un film importante di un regista di spessore che però, al momento, ha mostrato una discontinuità che non fa onore al suo grande esordio.
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