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Un chant d'amour

Regia di Jean Genet vedi scheda film

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La recensione su Un chant d'amour

di OGM
10 stelle

Quella dei detenuti in isolamento è un'intimità in scatola; lì gli uomini sono soli, spogli ed invisibili non per una libera scelta di riservatezza, ma perché circondati da pareti, che li escludono dallo sguardo del mondo e li sottraggono alla normale vita di relazione. La loro mutilata affettività si rivolge verso loro stessi, o verso le vaghe presenze intuite nelle celle accanto: in assenza dell'altro, la sessualità si esprime in maniera naturale, senza esibizionismi né pudori, con una compostezza anodina che è l'esatto opposto dell'oscenità. I muri sbarrano la strada alla fantasia, impedendole non solo di volare romanticamente, ma anche di degenerare nella perversione: questa risiede esclusivamente nel mondo esterno, al di là delle grate, nella figura della guardia carceraria, per la quale la carnalità è sinonimo di desiderio morboso e violento dominio.

La regia compone artisticamente, in un placido ritmo danzante, una plasticità scultorea con un simbolismo iconografico dai tenui tratti poetici: lo stile si richiama alla classicità, come quel fumo di sigaretta, passato attraverso un foro della parete, che sembra rubato al mito ovidiano di Piramo e Tisbe. "Un chant d'amour", con quel titolo così semplice e generico, è una finestra aperta sui sentimenti di persone qualunque, che solo per una scelta narrativa non sono principi e cenerentole, romei e giuliette, bensì omosessuali e reclusi.

[Grazie a kotrab per aver segnalato questo film].

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