Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Debutto di Bresson e i temi a lui cari vengono fuori tutti, una vera e propria programmaticità di quello che sarà il suo percorso: religione, malavita, pentimento, espiazione, incontro e scontro per riaffermare i problemi di coscienza a cui si va incontro, senza mai esporsi in prediche oratorie, ma soffermarsi sui contenuti in maniera naturale ed incisiva, saltando, in parte, le scene madri che sono sempre in agguato, e che in questo suo primo film si affacciano, vengono trattenute e impiegate con semplice linearità. Si affaccia, sin da questa opera, l’ambiguità fra il bene ed i male, qui fra santità e peccato, che poi sarà la traccia costante di tutto il suo cinema Bresson fin da questo film evita il grande cinema, il suo sarà sempre un anti-spettacolo, ma solo un percorso di introspezione, ma senza cavilli inutili e puntare su argomenti più intimi e che non danno mai la possibilità di lasciarsi andare, ma di partecipare in maniera forte, pur nella semplicità dell’esposizione, anzi direi proprio per quella. E’ proprio la sottrazione, il prosciugamento, che colpisce nel cinema di questo autore, qui lo abbiamo solo in parte, perché la situazione melodrammatica viene portata avanti , anche se con un finale drammaticamente giusto. Il film è costruito con la consulenza religiosa di un frate domenicano e l’apporto del drammaturgo Jean Giraudoux, ed infatti la particolarità del film è quella di aver scelto attori che provengono nella maggior parte dal teatro di punta francese, e quindi una recitazione più mediata e più calibrata, che in altri film, dove si sono scelti spesso attori dalla strada, non ci sarà.
una storia fra santità e peccato, un icrocio di vite voluto
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