Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Bresson ha sempre fatto un cinema cristiano, sin dal suo esordio Le tematiche della Conversa di Belfort infatti sono già quelle dei suoi capolavori futuri. Quello che manca qui è il suo tipico stile ellittico, quel lavoro di sottrazione che resta il maggior lascito di Bresson sulle generazioni successive. Tuttavia, il nitore delle inquadrature e la dolce solennità dei movimenti di macchina annunciamo una sobrietà di stile capace di competere con Dreyer, principale referente stilistico del primo Bresson. Da ricordare, la simbolica sequenza della redenzione finale, capace di racchiudere in uno sguardo, in un movimento di macchina, in un dettaglio (le mani ammanettate dell'assassina, che ritorneranno in un momento clou di Pickpocket, film centrale nel cine-percordo del nostro, qui anticipato anche nella scena in cui si vede la protagonista affacciarsi fra le sbarre di una prigione) tutto il senso del cinema di Bresson.
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