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La conversa di Belfort

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su La conversa di Belfort

di (spopola) 1726792
8 stelle

Bresson con questo film compone una sommessa e tormentata sinfonia di eccellente fattura, esaltata da una straordinaria fotografia che privilegia le chiare tonalità del bianco, un supporto creativo di straordinaria rilevanza che rende ancor più singolare e penetrante la rigorosa descrizione di un universo chiuso e impenetrabile come l’animo umano

“La conversa di Belfort” (“Les anges du péché” in originale) è il debutto sul grande schermo dell’immenso Bresson che già con questa prima fatica riuscirà a calamitare l’attenzione unanime della critica e a imporre la propria singolare personalità per il rigore e la concretezza (la “capacità creativa”, direi) con cui fu in grado, già al suo esordio e con esemplare rigore stilistico, di “riprodurre” in immagini significative e pregnanti, un soggetto (scritto da Giraudoux) assai difficile da “adattare” senza corre il rischio di cadere nel ridicolo o nell’enfasi declamatoria. Il film è “costruito” intorno al percorso parallelo (verso la grazia) di due anime contrapposte ma “solidali”, quelle di una orgogliosa ragazza della ricca borghesia francese entrata nel chiostro di Béthanie, per dedicarsi alla redenzione delle ragazze perdute e della “peccatrice” alla quale si affezionerà “oltre il dovere”, alla ricerca invece di un semplice nascondiglio nel quale rifugiarsi per sfuggire al castigo delle proprie “colpe”. Entrata in conflitto con la madre superiora per non aver voluto sottostare a una punizione, e resasi conto delle difficoltà di “gestione” della propria vocazione che non sempre le consente di controllare il suo eccesso di amor proprio, la prima sarà costretta a lasciare il convento, ma vi rientrerà di nascosto per prendere i voti in extremis e completare il suo percorso di redenzione prima di morire. La sua fede nella salvezza, riuscirà infatti a compiere il miracolo della conversione della ribelle, che si consegnerà spontaneamente alla giustizia. Come si potrà rilevare, le tematiche dell’intero, intenso itinerario artistico ed esistenziale del regista (la lotta fra il Bene e il Male) sono dunque già qui tutte perfettamente enunciate e messe a fuoco grazie alla pregevole, appropriata descrizione del sacrificio di chi è disposto persino a perdersi, pur di redimere il peccato altrui. All’interno del chiuso e claustrofobico mondo del convento, Bresson realizza così una sommessa e tormentata sinfonia di eccellente fattura, esaltata da una straordinaria fotografia che privilegia le chiare tonalità del bianco, stupefacente supporto creativo che rende ancor più singolare e penetrante la rigorosa descrizione di un universo chiuso e impenetrabile come l’animo umano. I dialoghi sono intelligenti e “scarni”, capaci però di rappresentare senza la necessità di inutili sottolineature, le sfumate sfaccettature delle anime “messe” a nudo nel loro progredire verso la purezza redentrice e salvifica, la recitazione è adeguata e appropriata, mentre la struttura della regia risulta - come sopra accennato - già magnificamente matura, essenziale ed efficace, come potrà ben constatare chi avrà voglia di cimentarsi nella visione aggiornata della pellicola, utilizzando il supporto DVD disponibile sul mercato.

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