Regia di Samuel Fuller vedi scheda film
VOTO 8 FONDAMENTALE (Tv 22 Giugno 2011) Psico-war-movie veloce e rigoroso come un'azione militare. In due set il regista costruisce un'opera dal ritmo invidiabile, ipnotizzando lo spettatore a suon di sibili di granate e di travagli interiori dei caratteri; una manciata di personaggi che vanno oltre lo stereotipo funzionale al racconto e danno spessore e senso all'intero film. Così Zack è l'archetipo dell'uomo in guerra perfetto, un mestierante bellico finito, senza paure, senza rimorsi, tutto istinto e arguzia, ma sotto sotto, sempre uomo e Fuller lo sa bene. Attorno al barbuto sergente si sviluppa la vicenda della pattuglia, i gradi quasi non contano, la truppa composta da personaggi eterogenei è una fonte sicura per il denso sguardo fulleriano sul dramma della guerra. Dal silenzioso che muore implorando pietà (tragedia), ai soldati di "colore" che denunciano sì un'America razzista, ma sono pronti a sacrificarsi per lei (critica sociale), a Zack che abbandona il suo esilio disumano (traccia esistenziale). E tutto come al solito messo in scena furiosamente, a partire dai prodigiosi titoli iniziali al famigerato scontro finale, sotto gli occhi desolati di un Buddha quanto mai spettatore inerme alle follie umane. The Steel Helmet è un film importante che segna la linea da seguire per superare il genere classico di guerra violenta ma cavalleresca (quella contro tedeschi o giapponesi per intenderci), proponendo invece una follia e una mancanza assoluta di senso, mirabile anticipazione di almeno vent'anni di Vietnam movies.
QUESTA STORIA NON HA FINE
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