Regia di John Boorman vedi scheda film
"Certe volte, quando ti trovi con la pioggia e il fango fino alle orecchie, non è così facile introdurre la tua macchina da presa nell'alba celtica e ricreare l'età d'oro di Camelot. Ma è accaduto così, almeno credo. E ha funzionato...".
[John Boorman, sulle riprese in esterni di Excalibur]
"Quella del mago è una strada lunga e solitaria: sì, conoscere troppo...lacrimae mundi...le sofferenze del mondo".
"Ma il potere? La gioia?".
"Soltanto attimi, attimi fuggenti".
"Io allevierò la tua solitudine. Fatti aiutare da me, insegnami".
"Per gente come noi, i giorni sono segnati: il dio cristiano viene a cacciare via gli dei pagani, gli spiriti dei boschi e dei torrenti cominciano a tacere. È il destino delle cose: è il tempo degli uomini e delle loro scelte".
[Nicol Williamson e Helen Mirren]
"L'Alto Medioevo: la terra era divisa e senza un re.
Da quei secoli caduti nell'oblio naque una leggenda...
del Mago, Merlino,
della venuta di un re,
della spada del potere... Excalibur".
Excalibur, la spada del potere, "forgiata quando il mondo era giovane ed uccelli e bestie e fiori erano tutt'uno con l'uomo e la morte non era che un sogno", appartiene a Lord Uther Pendragon (Gabriel Byrne), il nuovo re: festeggia la vittoria contro la Cornovaglia nel castello dei suoi ex-nemici, dove subisce irrimediabilmente il fascino e la bellezza della moglie del duca, Igrayne (Katrine Boorman, figlia del regista), e per lei arriva a rompere gli accordi di pace appena sanciti. Assedia il castello e grazie all'aiuto di Merlino (Nicol Williamson), suo consigliere e mago supremo, strappa Igrayne al duca di Cornovaglia. Vuole il suo amore, almeno per una notte di passione, ed il mago acconsente ad esaudire i desideri di re Uther solo in cambio di un giuramento: il frutto della sua lussuria, viene stabilito, apparterrà a Merlino. Che, attraverso un sortilegio, dona ad Uther le sembianze del duca, attirato nel frattempo fuori dal castello, e lo introduce nelle stanze di Igrayne, dove sedurrà la donna davanti agli occhi della figlia Morgana. Igrayne rimane incinta, ma, dopo aver dato alla luce il bambino, Artù, che adesso Uther vorrebbe tenere con sè ed accudire insieme alla madre, Merlino si presenta ad esigere il rispetto del giuramento: "Hai tradito il duca, gli hai rubato la moglie, hai preso il suo castello: ora nessuno si fida di te, tu non sei il predestinato, Dammi il bambino, io lo proteggerò". Uther, ferito a morte in un'imboscata, però, non vuole liberarsi della spada del potere e cederla nelle mani del nemico: e così, urla la leggenda, "colui che estrarrà la spada dalla roccia, sarà re". E sarà proprio Artù (Nighel Terry), il "prescelto", a riuscire, incosapevolmente, nell'impresa. Ma ora lo guiderà Merlino:
"Sei stato procreato per essere re".
"Che cosa significa essere re?".
"Tu sarai la terra e la terra sarà te. Se fallisci, la terra non darà più frutto. Se riesci, la terra prospererà".
"Perchè?".
"Perchè tu sei il re".
Queste le premesse della vicenda, adattata dallo sceneggiatore Rospo Pallenberg (fedele collaboratore di Boorman dai tempi di Un tranquillo weekend di paura) e dallo stesso regista dalla raccolta Le Morte d'Arthur (1485) di Thomas Malory, che a sua volta rielaborava i testi storici del ciclo bretone, dalla Historia Regum Britanniae (1135) di Geoffrey of Monmouth alle opere arturiane di Chrétien de Troyes: seguiranno, in un travolgente ed esaltante crescendo, la celebre O Fortuna, dal prologo dei Carmina Burana di Carl Orff (brano che tornerà, ancor più impetuosamente, anche nel finale), in sottofondo durante la battaglia al castello di Leondegrance di Camelyarde (Patrick Stewart), con l'arrivo provvidenziale di Artù ("Chiunque voglia diventare un cavaliere e seguire un re... mi segua!") e l'entrata in scena di Ginevra (Cherie Lunghi). E poi, contrappuntati dalla splendida colonna sonora di Trevor Jones (e Richard Wagner...): Lancillotto (Nicholas Clay), la Dama del Lago, i Cavalieri della Tavola Rotonda, il matrimonio di Artù e Ginevra, Merlino e Morgana (Helen Mirren), Camelot, "castello d'oro e d'argento", l'arrivo di Parsifal (Paul Geoffrey) a corte, il duello nei boschi tra Galvano (Liam Neeson) e Lancillotto, la passione ed il tradimento, i sortilegi della magia e gli intrighi del potere, le spire del Drago, dove "ogni cosa è possibile ed ogni cosa incontra il suo opposto", il "futuro ed il passato, desiderio e rimpianto, la conoscenza e l'oblio, l'amore", la nascita del "figlio sacrilego" di Morgana, il Graal e la "quest" della mitologia anglosassone. Boorman ne restituisce una visione possente ed appassionata, in cui può permettersi di sfiorare apertamente l'estetica kitsch per estremizzarne l'irruenza mitica e proporne un'interpretazione sanguigna ed evocativa, dove le ombre, i colori pop, la straripante passionalità, gli eroismi e i misteri dell'epos arturiana sferragliano incalzanti sullo schermo con il clangore stordente delle spade e delle armature dei suoi cavalieri e dove il fascino dell'ambientazione, con la vegetazione lussureggiante di boschi e foreste (catturata nelle suggestive locations in Irlanda) e la smagliante veste spettacolare, esaltata dalla cura della ricostruzione scenografica (Tim Hutchinson e Anthony Pratt) e dalla sontuosa fotografia di Alex Thomson, immergono il racconto in un irresistibile, ammaliante (e macabro) tripudio di sangue, carne, fuoco e metallo. Ancora: Parsifal alla ricerca del Graal, Mordred (Robert Addie; da giovane, invece, viene interpretato da Charley Boorman, altro figlio del regista) ed il matricidio, i dolmen ad evocare i culti druidici della mitologia celtica, la battaglia finale nella nebbia, il ritorno di Lancillotto... È nutrendosi di questo humus leggendario che Tolkien libererà la propria fantasia per creare i suoi immortali universi letterari ed è nel fascino visivo di questo Excalibur che Peter Jackson trarrà ispirazione per il concept-design del suo Signore degli Anelli.
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