Regia di Tinto Brass vedi scheda film
Quando la libertà diventa liberticidio, e quando i valori morali svaniscono, allora tramontano le civiltà: logico, no?
Se esistono film maledetti, questo Caligola o Io, Caligola ne è un ottimo esempio. In sintesi: girato in un contesto avvolto dal mistero, poi perseguitato dalla censura e oggetto di dispute legali fra regista, produttore e sceneggiatore; infine, dopo un'uscita trionfale a Roma (30.000 biglietti in un weekend), le denunce per oltraggio al pubblico pudore, i sequestri e le censure fino alla confisca e alla definitiva condanna con la sentenza del 21 novembre 1980 con conseguente "distruzione" delle 12 copie positive di Caligola per ordine del giudice.
Ne basta per stimolare la curiosità su questo racconto dell'ultima parte della vita di Caio Cesare Augusto Germanico, detto Caligola per l'uso di portare le "calighe", calzature a forma di stivali, che visse dal 12 al 41 d.C. e che divenne il terzo Imperatore di Roma dopo aver provocato la morte dello zio Tiberio. Il sui impero durò solo 4 anni e si caratterizzò per le dissolutezze, le violenze e le degenerazioni fino al suo assassinio.
Siamo a fine anni '70, e c'è il progetto di fare una trasposizione filmica di un soggetto di Gore Vidal, scrittore satirico, fustigatore del costume sociale USA e già autore di Myra Breckinridge, una storia che ha come protagonista un transessuale. Franco Rossellini, nipote di Roberto, non è finanziaramente in grado di avviare l'opera e si fa aiutare dall'Editore di Penthouse, Bob Guccione, che però voleva sovrapporre al ritratto storico quello del vizio, tramite scene marcatamente pornografiche. Le difficoltà iniziano quando prima John Huston e poi Lina Wertmullere rifiutano la proposta di condurne la regia. Alla fine Guccione offre la direzione a Tinto Brass, essendone rimasto impressionato da suo Salon Kitty.
Per la cronaca, Tinto Brass è ancora quello precedente alla svolta "voyeuristica", quello che veniva dalla sperimentazione e dalla denuncia sociale, fino alla critica saettante al potere. Collabora Danilo Donati, scenografo caro a Fellini, e si gira quasi totalmente nei teatri di posa con pochissimi esterni, che produce un'impronta tipicamente teatrale.
L'intenzione di Brass era di mostrare il potere assoluto in azione per poterne però disegnare una visione satirica, soprattutto attraverso la figura del giovane imperatore, che inizialmente si comporta col potere come se si trattasse di un giocattolo, e con un discreto moralismo tipico dei bambini, e che solo dopo una verosimile meningite impazzisce e si lascia andare alla fase "folle" del suo regno: dalle stravaganti campagne militari a tutta la serie di eccessi (fra atrocità, orge e nomina a senatore del proprio cavallo).
Brass ce lo mostra anche come suonatore e ballerino, con movenze e i ritmi anticipatori dei balli moderni.
Ma Guccione aveva in mente una visione ancora diversa ed estrema, interessato più alle orge che Tiberio faceva allestire nel suo ritiro di Capri e a tutte le pruriginosità varie, dall'incesto di Caligola con la sorella Drusilla, alla fase della sessualità sfrenata e agli efferati omicidi.
Il risultato è una rotta di collisione continua che porta alla fine a licenziare Brass che viene anche diffidato dal montare il girato. Vengono invece aggiunte dal produttore scene di materiale smaccatamente pornografico con attori non diretti da Brasse su set approntati per questo uso. Battaglie legali e processi hanno dato torto a Brass, che disconosciuto come suo il film stesso, arriva a dirne: "si tratta di materiale bellissimo montato malissimo".
Per le vicissitudini con l'Autorità giudiziaria, il film è uscito nel tempo con molte versioni dai metraggi diversi e diverse edizioni differenti asseconda del periodo storico e del Paese di uscita.
La versione originale italiana è di 160 minuti, vista nelle sale per pochi giorni, poi sequestrata e distrutta. Ne esiste una successiva di 124 minuti del 1979, una di 136 minuti e una di 155 minuti del 1979 prodotta in USA con sottotitoli in italiano.
Nel tempo questo film che ha un cast eccezionale, da Peter o'Toole a Malcom mc Dowell, da Helen Mirren a Adriana Asti, rimane impresso per le tante scene erotiche e rischia di spaventare lo spettatore come accadde a Maria Scheneider, iniziale protagonista che si ritirò in corso d'opera, venedo sostituita dalla giovane Teresa Ann Savoy, fresca di "Salon Kitty".
Io ho visto la versione USA (quella hard per l'erotismo e la violenza) e mi è rimasta l'impressione di un film disomogeneo in cui a scene visionarie si alternano momenti kitsch e scene da peep-movie, anche se a tratti la figura dell'Imperatore può ricordare il dramma dell'Uomo che vive l'esperienza straniante di non riuscire a mantenere più il contatto con se stesso.
E' un film non-film che può valere una visione documentaristica, ma non aggiunge nulla alla storia del cinema. E che quindi stupisce ancora di più sia stato trattato come una strega nel Medio Evo.
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