Regia di Alan Romano (Mario Bianchi) vedi scheda film
Una boiata pazzesca, difficile far peggio. La commedia sexy, qui al suo punto più basso, non meritava di finire in un baratro così buio e profondo. Gli sceneggiatori Luigi Petrini e Nino Marino, persone senza vergogna, insozzano il film di volgarità di ogni tipo e pensano di resuscitare un genere oramai morente aggiungendo la comicità demenziale di moda, all’epoca, in alcune trasmissioni televisive di successo. La cura, purtroppo, è molto peggio della malattia ed i numerosi e ripetuti anacronismi, spacciati come gradevoli guizzi di “nonsense”, hanno il merito di irritare anche lo spettatore meno esigente. Tra una porcheria e l’altra, comunque, ciò che manca è l’originalità , visto che gli autori si sono ispirati al fumetto erotico “Biancaneve” nato, nel 1972, dalla fantasia di Renzo Barbieri e Rubino Ventura (disegni di Leone Frollo); i nomi dei “sette saggi” (per la verità, sette cerebrolesi nullatenenti e nullafacenti) ne sono l’esempio lampante (gli “emeriti”: Stronzolo, Godolo, Dammelo, Scopolo, Pippolo, Bambolo e Bigolo). Tutti gli attori che hanno preso parte a questa pagliacciata sono da biasimare, ma critiche speciali se le meritano Gianfranco D’Angelo e Oreste Lionello, professionisti già affermati ed anche caratteristi del calibro di Tiberio Murgia, Franco Bracardi, Enzo Garinei (Vincenzo Garinei) ed Aldo Ralli; personaggi che, con la loro partecipazione, hanno dimostrato di badare solo ed esclusivamente all’aspetto “alimentare” del proprio lavoro senza pensare alla possibilità di rimetterci la faccia. Michela Miti (Michela Macaluso) merita un discorso a parte. Allora poco meno che ventenne, la bellissima attrice romana ha avuto la sfortuna/fortuna di essere arrivata a godersi solo gli ultimi rantoli del fortunato periodo della commedia sexy: sfortuna, perché dopo l’effimero ma esplosivo successo dei film di “Pierino”, avrebbe avuto la possibilità di cavalcare l’onda ancora per diverso tempo; fortuna, perché sarebbe stato solo questione di (poco) tempo e i suoi limiti recitativi l’avrebbero relegata ad eterna starlette, dimostrando di non arrivare neppure alle scarpe della Fenech o della Bouchet (Bärbel Gutscher), attrici a cui ai tempi era stata paragonata. Qui le è stata confezionata una parte che la mortifica prima ancora che come attrice, come donna, tanto che, per assurdo, se avesse interpretato un film pornografico avrebbe avuto meno danni d’immagine; almeno ci sarebbe stata coerenza! Purtroppo, con l’ingenua illusione di riuscire a rigenerarsi in un nuovo personaggio, la protagonista s’è bruciata irreversibilmente, consegnandosi, in un batter d’occhio, ai servizi fotografici softcore, prima di sprofondare nell’oblio più totale. Se anche i critici che hanno avuto la faccia tosta di rivalutare “W la foca” (1982) di Nando Cicero (Fernando Cicero) non hanno avuto il fegato di menzionare questo film, vuol dire che “Biancaneve & Co.” NON PUO’ ESSERE SALVATO. L’abitazione dei “sette saggi” è un casolare nelle campagne di Manziana (RM).
A parte un paio di scialbe canzoncine in inglese, Ubaldo Continiello è talmente a corto di idee, da sfruttare il tormentone di Romina Power “Il ballo del qua qua”, il quale è già un riarrangiamento di un vecchio successo internazionale degli anni ’50 dello svizzero Werner Thomas. Il bello, è che lo stesso Continiello aveva utilizzato la stessa colonna sonora per altri due film precedenti: “Il trafficone” (1974) di Bruno Corbucci e “L’affittacamere” (1976) di Mariano Laurenti.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta