Regia di Gary Fleder vedi scheda film
Potente! Un film sobrio, solido, senza sbavature retoriche e moralistiche. Sarà che amo Hackman, ma quando entra in scena lui è come se entrasse in scena il Diavolo! Azzeccato. Efficace. Teso e ben orchestrato. Entri dentro la pellicola senza un vile ricatto morale (vedi lacrime facili, giudizi umani insidacabili, ecc..), ma grazie alla potenza devastante del gioco narrativo, costruito su personaggi unici, interpretati da attori in stato di grazia. Non solo è importante per il suo lato prettamente artistico, ma il film di Gary Fleder è più che importante anche per la questione che solleva: portare il dibattito sulle armi in tribunale, causando il tracollo delle stesse aziende produttrici. É possibile in America questo? Potrebbe esserlo? Forse il film causerebbe un precedente capace di creare opinione in merito. E ce lo auguriamo tutti.
Non scherzavo quando parlavo del Diavolo, perchè quando all’inizio del film, sul jeeppone nero, s’intravede un uomo seduto sul sedile posteriore, vi riconosco il grande Gene Hackman, infatti l’inquadratura successiva mi da poi ragione. E’ il suo viscido Rankin Fitch (già il nome è odioso), ci viene presentato filtrato da uno specchietto retrovisore, come se il Male Assoluto andasse assaporato poco alla volta. Ma fortunatamente non è solo merito del “braccio violento della legge”, che qui potremmo ribattezzare il “braccio corrotto della legge”, che la pellicola del bravo Fleder tiene bene, ma anche perchè regge su una buona sceneggiatura, e su attori in grado di essere una vera e propria sicurezza. Lo stesso Cusak riesce in questo film a farmi addirittura tifare per lui, anche se per soli pochi secondi Io che amo Hackman...
Anche la regia è apprezzabile, perchè se anche “La Giuria” non è un Don Siegel, o un Clint Eastwood, rimane un bel classico di genere, che ha saputo far tesoro di elementi estetici “giovani”, come le immagini rubate alle macchine fotografiche, o ai computer (che fanno molto “Nemico Pubblico”, sempre con Mr. Hackman). Oppure gli elementi tecnologici che vorrebbero rubare la scena agli attori (come capita spesso in molti film), ma che qui diventano solo, e non è poco, dei degni comprimari. O ancora i diffusi rallenty, con i quali il regista omaggia ogni suo attore. Ma li dedica quasi tutti ad Hackman, ed è proprio in questi secondi rallentati in cui possiamo godere del suo spessore, pietrificato su quel volto inimitabile. Mi viene da dire a questo proposito, che Gene Hackman non è nuovo ad avventure nel cinema giovane. A parte il già citato film di Tony Scott, anche “Behind Enemy Lines” è stato diretto come un lungo videoclip; vanno visti sotto questa ottica anche i “Tenembaums” di Anderson, o il mitico capolavoro western di Sam Raimi “Pronti a Morire” che rimane il Gene Hackman indiscutibilmente più cattivo. Ma anche questo Finch, dal look luciferino, è tra i più spietati e viscidi bastardi della galleria hackmaniana. Più stronzo del Presidente Richmond di “Potere Assoluto”; più corrotto del ministro della difesa David Brice di “Senza Via di Scampo”; più spietato del Little Bill Dagget degli “Spietati”. Insomma, un ruolo cult che fa impallidire eroi ed eroine dei filmoni eroici e in costume che stanno invadendo la moda hollywoodiana di questi ultimi anni.
La scena madre del film è il primo, ed anche unico, incontro tra Dustin Hoffman e Gene Hackman. Amici fin dai tempi in cui dividevano la stessa stanza con Robert Duvall non avevano mai recitato insieme per qualcosa come ben 40 anni! I due s’incontrano in quella che diventerà la celebre “Scena del Bagno” (nel cui nome dissacrante si racchiude tutto l’anti-eroismo dei loro personaggi), e il grande Hackman saluta l’avvocato Hoffman sottolineando il fatto che era da tempo che dovevano incontrarsi. Citazione. E cominciano a battibeccare sulle loro questioni processuali partendo da un simpatico botta e risposta come tra due amici, per poi chiosare con un postulato sulla cattiveria, sul male primitivo. Hackman infatti, dopo le belle parole idealiste di Hoffman, sentenzia: “Lei sarà anche nel giusto. Ma io, fondamentalmente, me ne sbatto. Anzi, me ne sono sbattuto sempre”. Se Gene Hackman non farà mai più un ruolo da carogna, questo può considerarsi il suo profondo testamento, disegnato intorno ad un vero cattivo che alla fine... Infatti lo spaesamento finale di Fitch/Hackman mi ha fatto venire le lacrime agli occhi come quando da bambino vedevo i cartoni animati e alla fine il cattivo perdeva. Lo tifavo sempre, ma il suo fascino cozzava con la mia voglia di giustizia e di bene. Un mix di emozioni contrastanti, un cocktail pauroso di senzazioni opposte che ti commuovono. E in questo, Mr. Hackman c’è riuscito alla grande, come uno strepitoso Sovrano indetronizzabile. Con Rankin Fitch, Gene Hackman ha teorizzato il Male. É la parabola del male la sua. Un Male Assoluto fondato sull’abiezione più indifferente, più aliena: è da qui che si genera l’odio, dalla fredda consapevolezza di farlo, e di sbattersene di farlo.
Hoffman contro Hackman. Idealismo contro Cinismo. Umanità contro Cattiveria. Spirito contro Carne. Bene contro Male. Chi vincerà? Solo noi siamo i vincitori di questo film, grazie all’incalcolabile regalo che questi due mostri sacri ci hanno fatto regalandoci questa loro interpretazione. Indimenticabile.
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