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L'ultimo samurai

Regia di Edward Zwick vedi scheda film

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La recensione su L'ultimo samurai

di FilmTv Rivista
6 stelle

«Agli dei è più caro il sangue degli eroi delle preghiere dei devoti e dei versi dei poeti», recita un cavalleresco adagio. Con i samurai non c’era l’imbarazzo della scelta: furono guerrieri, devoti e poeti. Nella storia del Giappone ce ne sono stati di feroci, abietti e senza scrupoli, ma il tempo che passa privilegia come è noto il mito, rendendolo immacolato. Certi principi del Bushido o dell’Hagakure sono comunque perle di saggezza e spiritualità. Non è un caso che una delle figure fondamentali del ‘900, Mishima, abbia fatto seppuku in nome di quegli ideali, sgomento di fronte alla morte della Tradizione. Andando a vedere un film di Hollywood che tratta seppure incidentalmente simili argomenti, ci si prepara bene così da evitare delusioni e arrabbiature. La banalizzazione della filosofia di fondo è inevitabile in un film di puro intrattenimento come L’ultimo Samurai, che privilegia com’è ovvio gli aspetti spettacolari dei combattimenti con la spada, il background coreografico delle arti marziali e le esigenze “catartiche” cui va incontro la definizione dell’eroe. Algren, un ufficiale del Settimo cavalleggeri (gli uomini del generale Custer) si macchia di un orrendo massacro ai danni dei Sioux, perde se stesso e solo l’odissea nel Mikado lo fa rinascere vero guerriero, anche devoto, anche poeta. Da un’ottica occidentale, si capisce il fascino esercitato dai samurai e quindi si perdonano certe licenze retoriche, certo più vicine al Patriota con Mel Gibson che non alla vibrante essenzialità de L’ultimo dei Mohicani di Michael Mann, che pure poteva funzionare da modello alto. Invece Edward Zwick, modesto illustratore, sceglie la via più semplice anche nelle sequenze di battaglia, come ad esempio il massiccio e non sempre necessario ricorso al ralenti: la prima entrata in scena dei samurai è in slow motion e attraverso un oleografico carosello di luci e nebbie, con buona pace di Kurosawa. A parte qualche bella sequenza (la sfida con il bokken tra Algren e il bambino e lo scontro con i ninja) la cosa migliore è Tom Cruise. Data l’intensità con cui affronta la parte, si capisce bene che quello del soldato-samurai non è un ruolo come un altro, e la sua passione “fisica” alla fine suggestiona tutto il film.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 3 del 2004

Autore: Mauro Gervasini

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