Regia di Dario Argento vedi scheda film
Un serial killer si fa chiamare "Il cartaio": rapisce ragazze e chiede alla polizia di giocarsi la loro vita a poker. I poliziotti convocano un giovane campione del gioco, che al terzo tentativo riesce a salvare la vita di una ragazza; ma a quel punto il Cartaio esce allo scoperto.
Sia pure inserito nella fase di evidente decadenza, ormai da tempo discendente della parabola artistica del regista romano, dopo lavori pressochè inguardabili come La sindrome di Stendhal (1996) e Il fantasma dell'opera (1998), Il cartaio prosegue l'incerto passo in avanti compiuto da Non ho sonno (2001). Argento - che qui firma anche la sceneggiatura insieme a Franco Ferrini - cerca di sincronizzarsi con un presente fatto di tecnologia informatica, videochat, giochi online: lo fa in maniera approssimativa, certo, ma comunque senza sembrare un uomo delle caverne. La storia de Il cartaio può starci tutta, è verosimile a sufficienza e poco contano le schermate in stile Commodore 64 che si vorrebbero datare a questo 2004 - chiamiamola pure licenza poetica. Quello che proprio non si può perdonare, invece, è innanzitutto l'eterno cruccio del regista: la totale incapacità di dirigere gli interpreti; danno che può diventare perfino una catastrofe quando si ha fra i coprotagonisti un interprete imbarazzante come Silvio Muccino (d'altronde dopo avere avuto Asia Argento come protagonista, è tutta una discesa), canino oltre ogni dire - oltre ogni latrare, anzi. Quando finalmente viene ammazzato, è inevitabile che lo spettatore tiri un sacrosanto sospiro di sollievo. In secondo luogo deprime fortemente la soluzione banale, superficiale di cominciare una storia thriller-gialla con il colpevole, facendolo oltrettutto subito comparire antipatico e fomentatore di odio: chi non ha capito immediatamente, dopo trenta secondi, come andrà a finire la vicenda, può anche smettere di guardare film: non fanno per lui/lei. Peccato perchè, come si diceva in apertura, la storia regge, le scene di sangue sono gestite con la giusta consapevolezza del mezzo cinematografico e la tensione - pur altalenante - tutto sommato c'è; peccato anche perchè eccettuato l'abbaiante Muccino il cast prevede Stefania Rocca (difficile stabilire se più bella o più brava), Adalberto Maria Merli, Claudio Santamaria e l'irlandese Liam Cunningham: non male. Musiche di Claudio Simonetti, anch'esse aggiornate al terzo millennio. 3,5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta