Regia di Dario Argento vedi scheda film
Ma c’è un concorso per recitare negli ultimi film di Argento? Se sì, non è tanto opportuno parteciparvi. Non se ne salva uno. Vero che buona parte della colpa è di un doppiaggio atroce (ma non si potrebbe spenderci qualcosa in più?), ma insomma, un po’ di decenza non guasterebbe. Poveretto, l’unico simpatico è Silvio Muccino, che viene arpionato come L’orca assassina. Viene da rivalutare Nonhosonno: almeno era più “cinema”. Sembra che ad Argento non interessi più nulla: né l’elementarità della messinscena (montaggio, fotografia, musica), né lo sviluppo della storia, né, soprattutto, l’immaginazione visionaria, di cui non c’è traccia da nessuna parte. Quanto si rimpiange l’autore enorme degli anni ‘70 e dei primi ‘80, quanto dobbiamo continuare a coccolare capolavori come Suspiria e Tenebre. Sarà anche nostalgia facile e da cineteca polverosa, ma se la necessità di Argento di stare al passo coi tempi si vede da Il cartaio, stiamo freschi. L’intreccio sta su un fazzolettino, e quando potrebbe prendere strade leggermente complesse (si fa per dire), le dimentica subito: perché, per esempio, non sfruttare la storia del padre della poliziotta Anna, buttata lì per niente? Almeno la soluzione del thriller sarebbe stata meno prevedibile, per non parlare delle ragioni del killer. Ecco, appunto, pare che non importi più niente, neanche giocare con le aspettative dello spettatore. Già l’idea di un pazzo sanguinario che sfida a video-poker la polizia, con le sue vittime come posta, non è esaltante. Se poi si fa di tutto per renderla loffia, invedibile e inascoltabile, allora non c’è proprio più speranza. Una sola inquadratura convincente e veramente argentiana (il totale di Muccino che insegue la donna pagata dal maniaco sul lungo Tevere), dialoghi e battute da turarsi le orecchie, note musicali di Simonetti da Bontempi per balere, un finale (più postilla) che non ci si può credere. E gli elementi tipici di un cineasta un tempo magistrale e unico - il vento, la natura, le architetture degli interni - ora puzzano di stantio, e non possono non stimolare la risata. Buoni i corpi senza vita di Sergio Stivaletti, ma ci vuole ben altro per agguantare l’interesse del fan anche più assatanato. Che tristezza, che anni bui.
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