Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film
Bette Davis ringraziò a vita Joseph L. Mankiewicz perché reputava Margo Channing la più alta vetta recitativa raggiunta nella sua carriera. In effetti quest’attrice quarantenne fidanzata ad un trentaduenne regista ed insidiata dall’apparentemente innocua e buona ammiratrice che si piazza in casa sua per poi rubarle la scena è uno di quei ruoli che non si dimenticano. La divina Bette ci mette del suo, con quegli occhi di giaccio capace di trafiggerti il corpo con un solo sbatter di ciglia.
La storia, arcinota, è una scalata al potere messa in atto da una falsissima ragazza disposta a tutto (ma proprio a tutto) pur di vedere il proprio nome in cartellone. Il sottotesto che sta alla base del film è quantomeno ovvio: c’è il teatro ma si parla di Hollywood, c’è un premio dato alla migliore attrice dell’anno ma si allude all’Oscar (che all’epoca era assolutamente una lotteria, con campagne pubblicitarie milionarie).
Non ne esce bene nessuno, forse solo Margo Channing, che viene presentata inizialmente come un’attrice infernale per poi riscattarsi umanamente (ma alla fine si tifa sempre e solo per lei, così fiera e passionale): non ne esce bene di certo la terribile Eva, la cui bontà non ci illude nemmeno per un momento; non ne esce bene il cinico Addison DeWitt, il tremendo critico teatrale capace di decretare la vita o la morte di un attore con una frase scritta in una recensione, che prende sotto la sua inquietante ala protettiva la stessa Eva; non ne esce bene Lloyd Richards pronto ad affidare una parte scritta per Margot alla serpe in seno Eva, e perfino la sua docile moglie Karen, pianificatrice di uno scherzo malsano che le si ritorcerà contro.
Sceneggiatura da mandare a memoria scritta dallo stesso regista, zeppa di battute che restano nella storia (“Prendete il salvagente. Stasera c’è aria di burrasca”; “È importante che adesso ci parliamo, da assassino ad assassino!”; “Eva chiederebbe a Gianni di darle Pinotto”); regia di un’eleganza innata che volteggia tra teatri e case con soave virtuosismo, provocando l’illusione che tutto sia vita o tutto sia teatro, a seconda delle esigenze; un ritmo raro che fa procedere la commedia con una rapidità unica; un magnifico film d’attori in cui alla divina ape regina di Bette Davis ronzano attorno la sopraffina Celeste Holm e i diabolici Anne Baxter e George Sanders. Sei Oscar. Meritati.
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