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Buon giorno!

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

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La recensione su Buon giorno!

di luisasalvi
8 stelle

"In un piccolo sobborgo di Tokyo, i ragazzi si recano a casa dell'unico proprietario di una televisione per guardare gli incontri di lotta. Due di loro cercano di convincere in tutti i modi i genitori a comparare un apparecchio televisivo, ma questi, ignorando le loro richieste, li esortano a stare tranquilli. I due fratelli decidono di non parlare più mettendo i genitori in grande imbarazzo, anche di fronte ai vicini che li considerano crudeli nei confronti dei figli". Non proprio: commedia leggera, ma che riprende i vari temi, con modi più popolareschi o decisamente scurrili (ma secondo Tomasi usuali in Giappone, anche in letteratura e pittura), come il ripetuto scoreggiare, di bambini e adulti, posto a tema, quasi a leitmotiv, inserito nel più generale tema del linguaggio e della comunicazione, che forse è l'unico vero tema del film, trattato in modo paradossale e perciò da commedia leggera: la parola è forse l'ultimo degli strumenti di comunicazione, il meno efficace, utile solo quando dice cose inutili e inutile per dire cose utili, come viene affermato prima vagamente dai ragazzini, poi da un innamorato che non riesce a comunicare il suo amore alla ragazza. I ragazzi rimproverati di parlare troppo e inutilmente perché insistono a chiedere di comprare un televisore obiettano che sono più inutili i convenevoli che usano quotidianamente gli adulti, e  decidono per protesta di fare lo sciopero del silenzio; risulterà molto più efficace questo (nel bene e nel male) che le tante parole iniziali, poiché alla fine i genitori comprano il televisore (sia pure anche per fare un favore al venditore); in compenso il film conclude con i due innamorati che si dichiarano di fatto il loro amore continuando a parlare del tempo e di cose "inutili", pace Tomasi che invece lo vede ancora come "uso stereotipato e inespressivo del linguaggio quotidiano": il linguaggio è fatto di sorrisi, intonazioni, gesti e sguardi, in cui le parole dette hanno un ruolo molto secondario e perciò possono restare convenzionali; i due si sono detto tutto e il film lo ha mostrato benissimo (anche  se Tomasi non l'ha visto); così come tante altre volte i film di Ozu concludono con inutili predicozzi a volte incoerenti con le immagini e le impressioni mostrate dal film. Allo stesso modo qui i ragazzi vogliono vedere le gare di sumo alla TV e non si contentano della radio che fornisce solo parole. Durante il silenzio continuano a comunicare con le scoregge... ma il silenzio (la mancanza di comunicazione verbale) provoca inconvenienti vari e dimostra la necessità della parola anche per la trasmissione diretta di messaggi. Così le pettegole del rione interpretano in modo sbagliato i segni che osservano con morbosa attenzione, commentando a vuoto anziché servirsi della parola per chiarire le cose; così la storia, che si trascina come le altre lungo tutto il film, della rata da pagare all'associazione, di cui si parla con allusioni falsanti, senza mai dire le cose chiare, finché risulta essere rimasta da tempo in casa della presidentessa la cui madre aveva dimenticato di dirlo; ognuno diceva di non parlarne, mentre solo parlandone è stato ritrovato il denaro, anche se subito dopo i resoconti dell'accaduto hanno fatto la fine di tutti gli altri pettegolezzi, falsati e deformati. Così anche il venditore ambulante invita a comprare matite cui fa la punta con un coltellino minaccioso, ma se ne va lasciando la matita alla vecchia ostetrica che per fare la punta prende un suo coltellaccio da cucina: la comunicazione verbale è tutta inutile, ma fa da sostegno a una comunicazione gestuale molto chiara.

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