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Buon giorno!

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

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La recensione su Buon giorno!

di alan smithee
8 stelle

LE STAGIONI DI YASUJIRO
Un quartiere popolare ai margini della grande città: tutti si conoscono, le case sono separate da stretti vicoli che talvolta si aprono su piccoli giardini pensili. La vita della comunità scorre nella semplicità quieta e serena di un momento storico in cui il progresso tecnologico sta diventando sempre più parte integrante del vivere.
Attorno a questa vitale comunità si sbriciolano una serie di piccole storie-aneddoto, utili a renderci conto del clima effervescente che sta contagiando anche la classe operaia, più povera e anche caratterialmente più avvezza ad un atteggiamento di prudenza o quanto meno conservativo nei confronti delle novità che il progresso ed il capitalismo stanno rendendo appannaggio di chiunque disponga di un minimo reddito fisso da retribuzione.

Storie di vita che vanno dal piccolo intrigo relativo alla sparizione delle quote di iscrizione ad un club femminile, risoltosi poi con un semplice equivoco causato dalla memoria vacillante della madre anziana ed arcigna della presidentessa del club, a tenere storie d'amore tra due giovani amanti restii a dichiararsi, un molesto venditore ambulante tenuto a bada dalla medesima energica vecchina armata di coltellaccio, fino ad arrivare al pezzo forte della vicenda, che sono le storie con al centro i bambini: due fratellini, in particolare, che, desiderosi pure loro di avere, come ormai succede ad alcuni vicini, una televisione tutta per loro anziché doversi recare al bar per guardarla, improvvisano dapprima uno sciopero della fame, e poi lo sciopero del silenzio, dando vita ad una serie di gags tra lo spassoso ed il tenero.
Buon giorno! è il film più "collettivo" di Yasujiro Ozu, che impernia tutta la vicenda in un sobborgo simile a quelli già visti in altri suoi film, qui ricostruito totalmente in studio con una minuzia di particolari ed una precisione da renderlo un microcosmo pullulante di vita e di sentimenti.

Ozu regola ad altezza bambino le sue riprese con al centro i due monelli dell'episodio centrale, quello che più rimane alla mente e che consente al regista nuovamente di riflettere su tematiche come il progresso, il consumismo, la globalizzazione e l'influsso di una mentalità di stampo occidentale che da sempre affascina il cineasta, pur consapevole che si tratti di qualcosa di molto distante dalla cultura della sua terra.
Il tutto addolcito e reso più ritmato da gags divertenti, da spunti ironici o proprio comici, che rendono il film davvero godibile e amabile, avvalorato da una fotografia dai colori pastello che rende più familiare ed invitante ogni ambiente, sia in esterno che negli interni delle case comunicanti, attaccate l'una all'altra senza che la mancanza di un concetto allora ignoto come la privacy, possa in alcun modo arrecare danno, in nome di una comunanza di vita che fornisce sicurezza e calore, umanità e protezione contro l'ignoto. 
 
 
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