Regia di Neri Parenti vedi scheda film
Ennesimo film di Natale, che come quest’ultimo evento passa e se ne va. Con la differenza che quando ricordiamo questo Natale, coi regali, il cenone e i parenti, vuol dire che qualcosa ricordiamo, che qualcosa è memorabile. Di questo “Natale in India” di memorabile non c’è assolutamente nulla. Tutto il trash della peggiore televisione e le battute pepate tipiche delle barzellette spinte si coagulano insieme per riproporre allo spettatore, non ignaro, ma volutamente conscio di ciò che sta vedendo (poteva essere ignaro per il primo film della serie, massimo per il secondo o il terzo) un pastone ritrito, decurtato degli elementi caratteristici del Natale precedente e riadattato in una nuova location e con un plot (leggerissimamente) diverso.
Quello che rimane più identico agli anni passati però sono gli incassi della solita boiata di Natale, alla stessa stregua del cast (tranne qualche eccezione) e degli ignavi che ne compongono lo staff di produzione-regia-distribuzione.
Si fa fatica, quando si pensa alle cagioni alla base della realizzazione di questo film, a trovare motivi differenti dal far soldi in maniera facile. Nessun impegno, poca fantasia e soldi a palate. Il sogno di qualunque mercenario, mestierante ingordo della propria professione, che non si cura affatto dell’imputridire la categoria a cui appartiene con un prodotto che sia la feccia estrema propaggine dell’inettitudine di chiunque contribuisca a farlo vedere in giro.
Neri Parenti e gli sceneggiatori non hanno in effetti nulla da dire. Sulla trama buio pesto: storielline, senza intrecci d’alcune genere. Sulla recitazione men che meno: minzione speciale (niente errori qui!) per Salvi, sempre più odioso che stavolta addirittura impersona 2 personaggi al prezzo di uno.
Non che ci si aspettasse un film impegnato, né motivazioni di fondo differenti. Eppure gli autori riescono nel non facile compito di essere ancora una volta più diseducativi, volgari e pacchiani del film precedente. E, sembra ovvio, questo è un record di cui non ci si può far vanto. Almeno così dovrebbe essere.
Camei illustri: Carlo Vanzina, Pingitore, Garrison e Albertino (motivo quest’ultimo per cui la mia radio preferita non sarà più la stessa).
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