Regia di Bent Hamer vedi scheda film
In Norvegia, negli anni ’50, alcuni danesi conducono una bizzarra indagine di mercato sugli scapoli di mezza età: che abitudini hanno entro i confini dei loro cucinini? Uno di loro si vede arrivare nel tinello un impiegato grigio, che si piazza tutto il dì (la notte dorme in una roulotte fuori nel cortile) su una scaletta a osservare dall’alto come una cornacchia la quotidianità del povero pacifico omino. Dapprincipio tensioni e ripicche abbondano: poi arriva l’amicizia. Piccolissimo prodotto edificante, Kitchen Stories adotta uno sguardo curioso su un mondo il cui orologio sembra fermo da tempo, dove gli amici annunciano una visita di cortesia con uno squillo di telefono, e la gelosia assume contorni sorprendenti. È proprio qui, nelle pieghe “weird”, che l’opera è interessante: nella leggera spruzzata di amore omofilo, nella sospensione quasi surreale delle modalità umoristiche, nelle evidenti punzecchiature geografico-politiche. Poi, certo, il resto fila con toni concilianti che mettono a posto tutto, perché i buoni riescono a mantenere dignità e onore, valori che i cattivi non sanno dove hanno la residenza. Però, appunto, fila, ed è già qualcosa. Un’operina buffa, umile e modesta, che intende fare del bene (riuscendoci), mentre affronta la solitudine (che resta, per chiunque, nonostante tutto) con spirito e partecipazione.
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