Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
L’imperscrutabile confine tra santità e follia. Il filo sottile che distingue il martirio dal suicidio. La questione ha un aspetto sociale, se è vero che, secondo la tradizione storica, la canonizzazione è un fenomeno di massa, che avviene tramite l’acclamazione popolare del “pazzo”, perlopiù malvisto e temuto dai potenti. E c’è un risvolto psicologico, nel momento in cui il paradosso esistenziale (la rinuncia a sé, la scelta di essere diversi e di vivere al servizio degli altri) si fa eroismo. Nell’animo della protagonista Irene, il cambiamento è innescato dal trauma di un gravissimo lutto; ed è un dramma personale che si riflette in quello universale della sua terra e della sua epoca: la lenta e faticosa risalita dalla tragedia accomuna la madre che ha perso il figlio e un continente appena uscito dall’orrore della guerra. Ma se il dolore della donna è una sorta di dirupo interiore, dentro cui la mente si sgretola in una silenziosa solitudine, la miseria del popolo è invece un pungolo a guardarsi intorno, a muoversi, a solidarizzare, come se alla povertà di denaro si cercasse di rimediare con l’abbondanza di compagnia e di calore umano. È la fusione di questi poli opposti ad annullare la “vecchia” Irene, chiusa negli agi della borghesia, e a crearne una “nuova”, spalancata verso il mondo, che vede nel prossimo, anziché in se stessa, i bisogni da soddisfare e i desideri da esaudire.
Lo sguardo incantato di Roberto Rossellini indugia sulla eterea immagine di Ingrid Bergman, che, con la sua bellezza sobria, elegante e distaccata, è l’icona ideale della donna “celeste”, dotata di un carisma privo di qualsiasi connotazione sensuale.
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