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Europa '51

Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film

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La recensione su Europa '51

di Antisistema
9 stelle

Cosa accadrebbe a San Francesco d’Assisi, se invece nel medioevo, avesse svolto la sua missione nei confronti degli ultimi, nell’immediato secondo dopoguerra?
Questo spunto di partenza, serve a Roberto Rossellini per la seconda pellicola della “trilogia della solitudine”, sempre con protagonista Ingrid Bergman, divenuta nel frattempo sua moglie, dopo aver lasciato il precedente marito.
I meriti di Europa '51 (1952), non risiedono di certo in una sceneggiatura continuamente scritta e riscritta, causa passaggio attraverso molte teste (tra cui Federico Fellini e Tullio Pinelli) e tante ideologie differenti di coloro che vi hanno messo mano, dando come risultato un copione per la cui gestazione, furono necessari oltre 16 mesi, venendo continuamente corretto dallo stesso Rossellini, in corso di riprese del film.
Non deve stupire l’analisi negativa di Donald Spoto, il biografo delle star, nel suo libro su Ingrid Bergman. Un americano come lui, si focalizza inutilmente sui principi della sceneggiatura secondo i dettami di quella del cinema americano, il che come risultato non può che condurre ad una cocente delusione, se si utilizza tale ristretta lente di analisi.
Niente di più lontano dei canoni del cinema classico, rispetto al nuovo cinema italiano dell’epoca, specie poi per l’ulteriore maturazione verso il “neorealismo interiore”, a cui stava andando Roberto Rossellini, sempre meno preoccupato della corretta scansione narrativa delle vicende, della continuità lineare a favore delle ellissi, nonché la razionalità dei rapporti causa-effetto delle azioni dei personaggi.
Solo la parola resiste ancora parzialmente, costringendo l’opera talvolta ad un andamento meccanico “teorizzante” non pienamente fluido, cosa invece riuscitagli meglio in Stromboli – Terra di Dio (1950), per poi portarla al compimento artistico massimo in Viaggio in Italia (1954).
Europa '51, è una pellicola disarticolata, confusa ed ondivaga, la cui progressione procede per strappi improvvisi, dovuti alla spinta irrefrenabile di Irene (Ingrid Bergman), nel suo bisogno ardente di far proprio il dolore del prossimo, aiutandolo in ogni modo concessole.
Solo chi ha un grande dolore ed odio per sé stessi come Irene, sente il bisogno di trasformarlo in un amore infinito per coloro che ne hanno bisogno.
Rossellini aderisce la propria regia all’interpretazione della moglie; Ingrid Bergman nelle fasi iniziali del film è una donna, sciocca e vuota, non si cura di ciò, perché la sua vita è tutta apparenza superficiale, non è un caso che il suo personaggio risulti sempre in movimento e mai fermo per tutto il tempo in cui pesa più a come intrattenere gli ospiti, che focalizzarsi sul disagio manifestatale da suo figlio Michel (Sandro Franchina), a cui presta distrattamente ascolto, sentendone le parole, ma non focalizzandosi mai con il suo sentimento, finché quest’ultimo non si suicida, facendo comprendere come l’intera esistenza condotta dalla donna sino a quel momento, sia stata del tutto sbagliata.

 

Ingrid Bergman, Sandro Franchina

Europa '51 (1952): Ingrid Bergman, Sandro Franchina

 

La sciocca superficialità borghese, che si nutre del nascente boom economico, è una cappa oppressiva priva di amore e sentimento.
Gli ultimi della borgata romana, diventano quindi oggetto delle sue amorevoli attenzioni, riuscendo poco a poco, ad entrare in sintonia sentimentale con quest’ultimi, che nella loro misera semplicità ricambiano come possono.
In un’Italia divisa in un nauseante bipolarismo, tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, si sente il bisogno di incasellare il moto di aiuto della donna, in uno dei due grandi blocchi ideologici, senza comprendere come i moti interiori dell’animo umano, vadano ben oltre una contrapposizione “politica”, in quanto non facilmente razionalizzabili a parole, neanche da chi pratica totale amore verso il prossimo, in quanto la componente psicologica dei meandri dei comportamenti umani, non sono né di destra, né di sinistra e né di centro.
Irene dapprima attratta dalla creazione di un paradiso in terra, secondo i dettami del comunismo, ne prende poco a poco le nette distanze, in quanto la meta finale dei seguaci del marxismo, è una società fondata sul “Dio del lavoro”; senza arrivare a comprendere come “il lavoro per gli esseri umani non è un dovere, ma una condanna” ad un’alienazione massificante, che “uccide” la singola persona.
Ugualmente deludente risulta ad Irene, incardinare la sua volontà di speranza, in un credo religioso codificato, in quanto l’amore secondo la chiesa andrebbe parcellizzato tra tetto coniugale – nel quale la donna non prova più alcuna ragion d’essere data la distanza incolmabile con il marito George (Alexander Knox) – ed il prossimo bisognoso, al quale andrebbe dedicato meno “sentimento” e solo mera “carità”.
Il rifiuto netto, dei grandi schematismi contrapposti del dopoguerra, segna la scandalosa modernità del pensiero di Roberto Rossellini, che sancisce la nascita di un “cinema post-ideologico”, in quanto tale, fieramente non allineato nelle artificiose regole pre-costituite dalla società, mirando invece al cuore dell’individuo, mosso da una misteriosa fede, senza credo religioso.
I lineamenti di Ingrid Bergman, dapprima manierati in un’affogata mondanità sterile, si asciugano nell’espressività, per giungere ad una radicale purezza ascetica, facendosi “persona Christi”, catalizzando il dolore, tramite il contatto del proprio viso con quello altrui, in una stilizzazione che mira a superare il neo-realismo, senza essere mai anti-realista, valorizzando i primi piani ascetici dell’attrice, immersa in una fotografia glabra, che nell’assenza degli elementi della scenografia, esalta l’allegoria dovuta al mistero, tra un’umanità divisa tra chi la considera una pazza e chi una santa.
Un’opera così radicale e di rottura, senza la quale né Antonioni e né tutto il cinema delle avanguardie europee anni 60’ e 70’, non ci sarebbero mai stati.
Europa '51 venne ovviamente incompreso dal pubblico, in quanto scarsamente distribuito, mentre la critica ideologizzata tra comunisti e cattolici, fu ovviamente scontenta, in quanto trovatasi innanzi ad un’opera, che non si richiudeva in un “quadrato schematico”, ma andava oltre i confini, oltre le barriere, oltre ogni orizzonte costituito.

 

Ingrid Bergman

Europa '51 (1952): Ingrid Bergman

 

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