Regia di Fausto Tozzi vedi scheda film
Un cagnolino smarrito da un baritono fa da collegamento tra vari episodi ambientati nel quartiere di Trastevere: così ci troviamo immersi in un’umanità degradata che vive di espedienti al limite della legalità, quando non oltre (vendita di sigarette di contrabbando, spaccio di droga, prostituzione), finché alla fine arriva la commare secca. Si parte dall’inquadratura programmatica di una statua di Belli, ossia di colui che volle “lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma”: è chiaro fin da subito che Fausto Tozzi, qui sceneggiatore e regista, ama visceralmente i personaggi che racconta e i luoghi che descrive, come un Pasolini ammorbidito e deideologizzato. Ne viene fuori una commedia popolare, sanguigna, squinternata, con episodi grotteschi (Milena Vukotic scambista riluttante), a volte un po’ troppo ostentatamente felliniani (il pellegrinaggio al santuario del Divino Amore proviene dritto da La notti di Cabiria), ma con un bel complesso attoriale senza protagonisti: o, per dire meglio, dove ognuno è protagonista della propria piccola storia. Un film che, visto oggi, sembra fatto apposta per alimentare la nostalgia di un’epoca più ruspante: un’epoca fantastica in cui la polizia accorreva subito quando una telefonata anonima segnalava che qualcuno stava fumando uno spinello.
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