Regia di Victor Erice vedi scheda film
"Se sei suo amico, puoi parlargli quando vuoi. Chiudi gli occhi e chiamalo."
Castiglia, 1940: nella Spagna franchista, a guerra civile da poco terminata, una famigliola sopravvive in condizioni abbastanza agiate. Fernando (Fernando Fernán Gómez) è un apicoltore che si diletta scrivendo un diario in cui esprime le sue annotazioni sulla rigorosa organizzazione delle api, la moglie Teresa, più giovane di lui, scrive lettere ad un lontano amante; le loro due figlie sono Isabel e Ana (Ana Torrent).
Le due bimbe accorrono, come tanti altri ragazzini, alla proiezione di un cinema mobile finalmente giunto in Castiglia. Il film proiettato è Frankenstein (quello storico con Boris Karloff) e Ana, la più piccola, rimane molto affascinata dal film, chiedendo alla sorella perché La Creatura ha ucciso la bambina e perché La Creatura viene poi uccisa. Isabel le spiega che il cinema è finzione, ma anche che in un casolare abbandonato lì vicino risiede veramente lo spirito del mostro, che lei dice di aver visto. Una di quelle bugie/spacconerie che si dicono da bambini e che la più navigata e smaliziata Isabel pronuncia quasi solo per mettere a tacere i dubbi della sorellina.
Ana comincia dunque a recarsi in quel posto da sola, trovando un motivo di credere nel casolare, nel pozzo, in una grande impronta lasciata nel terreno melmoso. Ana è piccola, innocente, speranzosa, ha bisogno di qualcosa di magico in cui credere. E un "mostro", un giorno, arriva proprio in quel palazzo dismesso...
Lo spirito dell'alveare, datato 1973, è il primo lungometraggio di Victor Erice, cineasta spagnolo riservato e poco prolifico, ed è un'opera di grande spessore, uno di quei film che sembrano non parlare di nulla ma che invece comunicano tantissimo.
Non c'è una chiara chiave di lettura. Io vi ho visto diversi temi: l'infanzia abbandonata a se stessa, in questo caso da genitori buoni ma completamente assenti, proprio come la Spagna stessa da rifondare nelle mani di un dittatore; l'innocenza dei bambini come unico mezzo per superare la diffidenza causata dalla diversità; una metafora della Guerra Civile Spagnola, con un soldato repubblicano a simboleggiare il mostro, destinato a perire sotto il nazionalismo franchista, sotto la dittatura che sopprime il diverso, il dissenso.
Punti di forza del film sono la bravura di Erice, la splendida fotografia e la prova della piccola Ana Torrent, a nemmeno sette anni in grado di reggere benissimo una parte così complessa, delicata, sognante.
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