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Lo spirito dell'alveare

Regia di Victor Erice vedi scheda film

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La recensione su Lo spirito dell'alveare

di kotrab
10 stelle

Quando una creazione artistica raggiunge una dimensione tutta propria nel modo di esprimersi (in questo caso con le immagini e i suoni), quando riesce a suggerire impressioni profonde su una realtà concreta o fittizia ricorrendo a sensazioni poetiche, evocative, e a simboli assoluti perché mimetizzati con la natura, col visibile e l'invisibile, quando ti cattura, ti incanta e commuove perché ti parla senza rivelare esplicitamente - ma porgendoli totalmente nella loro essenza - i suoi segreti, allora si può dire che siamo di fronte ad una grande opera d'arte.
Lo spirito dell'alveare, primo lungometraggio di V. Erice, è un'esperienza che si può ascrivere a questo ambito. L'emozione e l'incantesimo che si sprigionano da questo film sono simili a quelli che prova la sua stessa piccola e bravissima protagonista Ana (A. Torrent, dolcissima, eccezionale, che reciterà anche per Carlos Saura nei bellissimi Cria cuervos ed Elisa, vida mia) quando assiste alla proiezione nel suo paesino castigliano di Frankenstein di James Whale, capolavoro fantastico sul diverso e l'incomprensione, assieme alla sorellina Isabel (I. Telleria, anche lei bravissima). Due figure infantili relegate nella solitudine, immerse nei paesaggi brulli e nei campi estesi, forse ancor più isolate perché figlie di un agiato allevatore di api (F. Fernan Gomez). La rivelazione della magia e del mistero di una figura mostruosa, mai vista e così complessa come quella del mostro di Frankenstein, è la causa di una immersione ulteriore nei meandri della fantasia, in un periodo della vita che mescola in modo quasi indistinguibile ma sicuramente ambiguo la concretezza della realtà e la sospensione della fantasia, che si identifica con lo stesso sguardo del regista che riesce a dare un'aura impalpabile alla rudezza di un semplice casolare di pietra, che sia in mezzo a un campo o sia la scuola del paese (i bambini che avvicinandosi, svaniscono mentre entrano, inquadrati da un punto alto e in campo lungo). Ogni scena però è pervasa da un mistero e una bellezza onirici, grazie alle luci calde e palpabili della straordinaria fotografia di Luis Cuadrado che delimita ogni dettaglio delle stanze della casa e fa tutt'uno con i quadri delle pareti, che danno tuttavia un senso di sobrietà perché isolati e ben identificabili su di esse, per non dire degli esterni di una natura che è mezzo privilegiato per l'incontro ideale di Ana con la creatura (le creature).
La purezza e la spontaneità sono quindi le qualità che permettono ad Ana di aiutare il repubblicano ferito: lei ha di fronte solo un essere umano bisognoso, le problematiche politiche sono lasciate sullo sfondo e così si intuisce la drammaticità di ogni conflitto.
Le parole sono ridotte all'essenziale per lasciare spazio al rapporto delle immagini con i rumori e la poetica musica di Luis de Pablo (importante autore spagnolo già collaboratore di Saura per La caccia): il lavoro certosino e instancabile che ha creato questo film, come quello delle api, si rivela proprio nelle pause riflessive che ci avvolgono, non solo saturate dai colori ma rese sognanti dalle melodie di sapore arcaico affidate a duetti tra flauto traverso e arpa o tra flauto dolce e chitarra, nel primo caso con stile più "simbolistico" e straniante, nel secondo più popolaresco e infantile, genuino e diretto come i disegni dei titoli di testa. 9 1/2

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