Regia di Victor Erice vedi scheda film
In un piccolo paese della Castiglia vive la piccola Ana (Ana Torrent) insieme alla sua famiglia, il padre (Fernando Fernan Gomez) appassionato di apicoltura, la madre (Teresa Gimpera) e Isabel (Isabel Telleria), la sorella più grande. Una domenica mattina arriva in paese il cinema ambulante e trasmette il "Frankenstein"di James Whale. La piccola Ana rimane letteralmente affascinata dal personaggio del mostro e quando Isabel le fa credere che il suo spirito vive in un casolare poco fuori dal paese, lei crede di identificarlo in un soldato repubblicano (José Villasante) che vi si è nascosto.
Ambientato negli anni a cavallo della fine della guerra civile che sconvolse la Spagna e la restaurazione fascista del Caudillo Francisco Franco, "Lo spirito dell'alveare" di Victor Erice è una magnifica parabola esistenziale che irradia poesia e denuncia sociale insieme attraverso gli occhi trasognati della piccola Ana. Il film è un'omaggio alla potenza immaginifica del cinema, alla sua innata capacità di destare animi in letargo, di far aprire gli occhi su squarci di realtà inconsueti. Il cinema che arriva in paese scuote la monotona desolazione del paese, la sonnacchiosa indolenza di un luogo che sembra il ricettacolo di tante solitudini che non si incontrano mai. "Perchè ha ucciso la bambina e dopo lo hanno ucciso ?" domanda Ana alla sorella. Domanda che da il senso dell'iniziazione alla vita attraverso la scoperta della gratuità della morte e dell' altrettanto gratuita ostilità nei confronti del diverso. Ana vuole sapere, ha voglia di crescere capendo senza però perdere la possibilità di dare un timbro alle cose che vede, di filtrare la realtà attraverso i suoi occhi di bambina che amano fantasticare cose sempre nuove ed è questa santa ingenuità che la porta ad aiutare il soldato repubblicano, a prestargli soccorso con la naturalezza di chi non ha ancora maturato motivi sufficienti per diffidare di un uomo piuttosto che aiutarlo, di allontanarsi per paura piuttosto che avvicinarsi a un uomo in difficoltà. Potenza del cinema perchè è attraverso il film che Ana ha capito che il mostro non è sempre come appare, che il mostro non è sempre chi così viene indicato. Ana inizia a prendere confidenza con le cose della vita senza perdere la sua gioiosa fanciullezza. Il film è continuamente percorso dal senso di morte (i giochi macabri condotti fino all'estremo da Isabel, la sfida al passaggio del treno delle due sorelle, la dolente desolazione della madre, le parole che il padre annota sui suoi studi sulle api) e da un fatalismo che, nel mentre si intrecciano per conferirgli il senso dell'ineluttabilità di un destino che avrebbe irrimediabilmente spinto fuori dalla storia un intero paese (e un'intero popolo), sono tanto simboleggiati dall'acritica e indefessa laboriosità delle api (...la spirale invadente della regina, le varie e incessanti attività delle operaie, lo spietato e utile sforzo, gli intensi andirivieni con febbrile intensità, l'insonnia ignorata che annuncia il lavoro del nuovo giorno. Il riposo finale della morte in un posto che non sopporta ne malattie ne tombe.") quanto esorcizzati dalle fantasie di Ana, da quella sincera ingenuità che Erice sembra indicare come il migliore tra gli stumenti possibili per fare rivoluzioni. "Lo spirito dell'alveare" è un grandissimo film di un'autore spagnolo che ha fatto solo tre film in circa quarant'anni. Un film che si lascia ammirare anche solo per la dolcezza del tocco e per la magia che trasmette, ma che dice molto di più di quello che sembra sulla condizione politica e sociale della Spagna del dittatore Franco. Lo fa alla maniera dei poeti: sfiorando la delicata bellezza di una bambina i cui occhi iniziano a insinuarsi gentilmente nelle pieghe della storia dei grandi. Capolavoro che urge recuperare alla causa del grande cinema da custodire gelosamente.
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