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Hollywood Homicide

Regia di Ron Shelton vedi scheda film

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La recensione su Hollywood Homicide

di fixer
6 stelle

 

Credo che i film vadano “letti” non per come si pensa che siano ma per come sono in realtà. Mi spiego: se volessimo leggere questo film come uno degli innumerevoli polizieschi che il cinema americano ci ha ammannito e continua a farlo, si dovrebbe liquidarlo come un prodotto di bassa qualità, con una coppia di attori scombinata e con una trama strampalata. Insomma un vero e proprio schifo.

Se invece lo “leggessimo” come una commedia che prende in giro il genere poliziesco, scopriremmo che questo film potrebbe iscriversi al genere demenziale, con risultati apprezzabili.

L’assunto è di per sé eloquente. Una coppia di poliziotti deve indagare su una strage compiuta in un rapper club. Uno di loro, il più vecchio, Joe Galivan (Harrison Ford), fa il poliziotto, ma sembra molto più interessato a svolgere un secondo lavoro, quello di agente immobiliare. L’altro, K.C.Calden (Josh Hartnett), è un aitante giovanotto che, oltre a fare il poliziotto, guadagna una discreta sommetta ad insegnare una strana commistione di esercizi ginnici, danza e yoga, ecc. frequentata solo da belle ragazze, ma sogna in realtà di diventare un attore. Per questo, anche durante il lavoro, studia e recita il ruolo di Kowalski in UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO di Tennessee Williams, che dovrà interpretare presto in un teatro vero.

Un altro segnale che il film che stiamo vedendo non è un poliziesco classico, è l’insistita serie di scritte, insegne e cartelli col nome Hollywood. Ossia il luogo ideale per la “fiction”, un modo per annunciarci che stiamo assistendo a una messa in scena, a una sostanziale goliardata che, come si diceva, ironizza sul poliziesco serio per proporci in realtà una coppia di disadattati che si barcamena alla bell’e meglio.

L’intento ricorda un po’ l’operazione che è solito fare Altman con i generi classici: in effetti, il regista “denuncia” chiaramente il suo debito nei suoi confronti nella scena dell’interrogatorio, che si ispira liberamente, ma non

così tanto, a quella, ormai di culto, de IL LUNGO ADDIO con l’impareggiabile Elliott Gould. La cosa più divertente del film, sia detto.

Harrison Ford qui si cimenta in un ruolo a lui non molto congeniale. Ma questo fa proprio parte del gioco. Tutti si aspettano l’eroe senza macchia e senza paura di tanti suoi film e si trovano qui davanti a un uomo alla deriva, costretto a compromessi e inciuci per riuscire a pagare gli alimenti a tre mogli. L’esperimento non funziona a meraviglia, ma concorre a seminare confusione nello spettatore distratto. Josh Hartnett è il protagonista dell’altra scena indovinata del film, quella in cui, nel bel mezzo di una visita in casa di un sospetto, finisce per disinteressarsi completamente dell’indagine e trova molto più interessante mettersi a parlare di teatro con dei giovanotti artisti dilettanti.

La scena finale è, se mai ce ne fosse bisogno, l’ennesimo sberleffo al poliziesco classico: arrivati sulla scena di un crimine, la prima preoccupazione di Galivan è quella di procurarsi degli hamburger senza maionese e senza tutta quella roba buona per conigli.

Il risultato? Tenendo conto di queste premesse, si ride un po’, ci si sorprende un altro po’ e forse si finisce per dimenticare che stiamo assistendo a un poliziesco per trovarci invece davanti a uno dei film più strampalati e sgangherati che abbiamo visto.

Nonostante le intenzioni, il film non convince perché non riesce ad essere quello che vorrebbe. Non è un vero film poliziesco, per i motivi già detti; ma non riesce ad essere un film “demenziale” perché manca della necessaria “follia” e di unità stilistica. A volte sembra un film drammatico e altre una farsa. E’ in questa contraddizione di fondo che sta la sostanziale debolezza del film.

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