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Il servo

Regia di Joseph Losey vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il servo

di FABIO1971
10 stelle

"Ogni porta che apri in questa casa, dietro c'è lui: è un curioso, un sadico...".
"Sì e nei giorni di libertà deve essere un vampiro"
.
[Wendy Craig e James Fox]

L'aristocratico Tony (James Fox), di ritorno dall'Africa, assume il maggiordomo Hugo Barrett (Dirk Bogarde) nell'appartamento dove ha deciso di trasferirsi appena terminati i lavori di ristrutturazione e prima di stabilirsi definitivamente in Brasile, dove conta di raggranellare miliardi speculando sulla costruzione di una città nella giungla. Nell'attesa che l'affare si concretizzi, trascorre le sue giornate nella casa rimessa a nuovo, tra l'ozio, le visite della fidanzata Susan (Wendy Craig) e qualche malanno causato dal gelo dell'inverno, accudito e riverito fino all'invadenza dall'impeccabile e premuroso Barrett, dal quale si fa consigliare anche per la scelta della nuova cameriera, sua sorella, la giovane e affascinante Vera (Sarah Miles). L'unica a mostrarsi visibilmente infastidita dalle maniere untuose del domestico di Tony, tanto da disprezzarlo platealmente, è Susan:
"Lei che cosa vuole da questa casa?".
"Che cosa voglio?".
"Sì".
"Sono il servo".
"Porti la colazione"
.
Presto, però, l'invadenza di Barrett e il fascino tentatore di Vera si trasformano in ambiguità, rivelandone inquietantemente natura e intenzioni, mentre Tony, che nel frattempo ha ceduto alle avances di Vera, si ritrova, senza essersene accorto, intrappolato in una perversa ragnatela di inganni. Una sera, rincasando insieme a Susan, trova Barrett a letto con Vera:
"Ti rendi conto di aver commesso un reato?".
"Un reato?".
"È tua sorella, disgraziato!".
"No, non è mia sorella. Quindi il signore e io siamo entrambi sulla stessa barca... il signore sa bene che cosa voglio dire. E in ogni caso, a parte l'errore di essermi servito della sua camera, tutto è perfettamente regolare: Vera è la mia fidanzata"
.
Tony crolla, Susan scopre i suoi tradimenti e lo abbandona e Barrett, opportunatamente, ne approfitta: ora, infatti, il servo ha campo libero e riprende a insidiare le debolezze del suo padrone senza concedergli un attimo di tregua e fino al completo ribaltamento dei rispettivi ruoli. Quando Susan tornerà sui propri passi, troverà Tony ormai completamente succube della diabolica coppia.

Tratto da Harold Pinter, che si concede anche un breve cameo nella sequenza nel ristorante apparendo tra gli avventori del locale (tra cui figura anche Patrick Magee), nella prima delle sue tre collaborazioni con Losey (seguiranno L'incidente e Messaggero d'amore), dall'omonimo romanzo d'esordio (1948) di Robin Maugham, Il servo è un film spietato, claustrofobico, implacabile, un capolavoro di magistrale raffinatezza drammaturgica, orchestrato sulle atmosfere nerissime del dramma psicologico e la ferocia della trasfigurazione allegorica che ne amplifica i sottotesti: la dissoluzione di Tony si trasforma nel disfacimento di una classe sociale senza più certezze, travolta da un servo "sconosciuto" che indossa i panni e le maschere della rispettabilità, mentre la realtà diventa prima incubo e poi, nel ribaltamento di ruoli che investe i due protagonisti, di nuovo "normalità". Scheggia impazzita, ineluttabilità del caso, ricongiungimento con l'altro-da-sè, contrappasso pinteriano della coppia servo-padrone di Aspettando Godot di Beckett, diavolo tentatore, paradosso-confusione-rivoluzione, caduta delle illusioni: il servo Hugo Barrett, comunque se ne raffini l'interpretazione e la valutazione di ruolo e funzione narrativa, resta in ogni caso un personaggio esemplarmente proteso alla completa devastazione dell'ipocrisia borghese. Barrett è Joseph Losey che, finalmente libero in Inghilterra dopo aver tribolato per anni con la censura maccartista e aver costretto nella metafora la virulenza della propria poetica cinematografica, alza il tiro della macchina da presa e dichiara guerra ai suoi nemici: il pregiudizio, le false certezze, la fragilità e le debolezze umane. Anni, tra l'altro, quelli trascorsi in Inghilterra dopo l'esilio volontario dagli Stati Uniti nel 1951 per non piegarsi ai soprusi dell'House Committee on Un-American Activities, tutt'altro che semplici e sereni (e cinematograficamente riconducibili a una decina di titoli, alcuni girati con uno pseudonimo, prima di questo Il servo), come ricorda lo stesso Losey (da Joseph Losey: Senza re, senza patria - a cura di Luciano De Giusti - Il Castoro, 2010): “Credevo che sarei morto, pensavo di avere una malattia cardiaca… ma non avevo nulla al cuore. Era solo il puro e semplice panico, perché non possedevo nulla, non avevo famiglia – mia moglie mi aveva lasciato, mio figlio era in collegio negli Stati Uniti. Non avevo un amante. Non avevo soldi. Non avevo lavoro. Avevo quarantaquattro anni. Avevo l’età in cui la maggior parte della gente raggiunge il proprio apice, e tutto ciò che avevo realizzato non significava più nulla”. Lo Sconosciuto e l'Inaspettato che Barrett ha introdotto nella vita di Tony ("Le dico io che cosa sono: un cameriere per signori. E lei è tutt'altro che un signore!") confondono i contorni della realtà (ancora Beckett e, ovviamente, Pinter), la spirale di dissoluzione la travolge e rigenera, la disillusione sigilla la presa di coscienza (emblematica, in questo senso, la sequenza con Tony nascosto al buio nella doccia del bagno e Barrett alla sua ricerca nelle stanze della casa: "47, 48, 49 e 50... Qualcosa mi dice che a questo piano non ci sei. No, a questo piano non ci sei: ho idea che tu sia lassù, è vero? E ora sto venendo a stanarti! Ma dove si sarà cacciato questa volta? Fuoco... Sei vicino... adesso ti trovo! Fuoco, fuoco... Hai la coscienza sporca! Hai la coscienza sporca! Ma io ti trovo, ora vengo a stanarti!"). Un'opera, infine, esaltata ulteriormente dallo straordinario smalto formale della messinscena, dove luci e ombre avvolgono corpi e spazi fino a confonderne simmetrie e prospettive, cogliendo nell'illuminazione di un dettaglio ogni sfumatura o contrappasso simbolico, dal rigore dell'inverno sotto i cieli grigi di Londra, con la città sferzata da vento, pioggia e neve e raramente rischiarata da qualche timido raggio di sole, alle architetture (la casa di Tony) che sostengono le evoluzioni della vicenda e le relazioni tra i personaggi, fino alle suggestioni di alcune magnifiche sequenze, come quella della serata trascorsa da Tony nel pub e del suo ritorno a piedi verso casa, o l'altrettanto meraviglioso piano sequenza nel parco innevato, con Tony e Susan che tentano disperatamente, sorreggendosi all'amore che li unisce, di fuggire dal ciglio del baratro in cui stanno sprofondando. Impreziosito dal meraviglioso bianco e nero della fotografia di Douglas Slocombe, dalle scenografie curate da Richard Macdonald e dalla splendida colonna sonora di John Dankworth, che propone anche, cantata da sua moglie Cleo Laine (su testi di Pinter), la languida ballata All Gone, Il servo regala anche una magistrale prova d'attori, a partire dalla stratosferica esibizione di Dirk Bogarde fino alle ottime performance di James Fox, Wendy Craig e di una Sarah Miles dal fascino irresistibile.
"Dai, beviamoci un brandy".
"Al diavolo il tuo brandy!".
"Non parlarmi in questo modo!".
"Al diavolo il tuo brandy, togliti dai piedi!".
"Bada, Barrett, stattene al tuo posto, non sei che un servo in questa casa".
"Servo? Io non sono il servo di nessuno. Chi ti ha arredato tutta la casa? Chi te l'ha messa su? Chi fa da mangiare? Chi ti lava i calzini? Chi ti sgrassa la vasca da bagno? Io! Io! Io mando avanti questo bordello e che cosa me ne viene? Nulla!".
"Senti, Barrett, senti...".
"Ormai so già tutto di te, ragazzino!".
"Ma no, senti... ti sono grato, parola... E non fare lo stupido, lo sai benissimo".
"Non credo proprio".
"Sai, non so come farei senza di te".
"Allora portami un bicchiere di brandy!".
"Ma non è quello che ho proposto io un momento fa?".
"Beh, non startene lì impalato, vallo a prendere!"
.

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