Regia di Joe D'Amato (Aristide Massaccesi) vedi scheda film
Softcore diretto da Aristide Massaccesi, che lo produce e lo "scrive" insieme a Remo Angioli con cui aveva già collaborato in occasione di Top Girl (1995). Tutta l'operazione è funzionale a sfruttare le grazie della procace Cinzia Roccaforte, un'attrice scoperta da Tinto Brass dalla bella presenza tanto da ricordare sia Meg Ryan che la Kidman di The PaperBoy (2012). Una bella presenza, ma mal diretta e sempre svestita (anche in nudo integrale), incapace di fornire un'interpretazione degna di tale nome. La cosa peggiore è che, nonostante sia modesta, si rivela tra le migliori del cast. Il doppiaggio ci mette del suo, tirato via e reso senza alcuna componente emotiva.
La storia è meno che ridotta all'osso ed è funzionale a fungere da collante alle tante, ma veramente tante, scene di sesso (peraltro ultra dilatate come spesso avviene con le pellicole di D'Amato). Si contano almeno sette (e dico sette!!!) interminabili scene di sesso, dove la Roccaforte e un altro paio di attrici mettono in mostra le loro grazie. L'ambientazione, quasi tutta all'interno di una mega villa, rende ancor più soporifera la visione.
Il soggetto è banalissimo, ricorda un po' quei film incentrati sulla sindrome di stoccolma, sebbene qua non ci si preoccupi di caratterizzare i personaggi né di giostrare il film sulla tensione (ce n'è un pochina nella sequenza che anticipa l'ingresso in scena del bandito poi svanisce). Durante l'assenza del marito, un manigoldo (il francese David D'Ingeo che l'anno dopo lavorerà con Dario Argento ne Il Fantasma dell'Opera) irrompe nell'abitazione della bella Emy (Cinzia Roccaforte) per chiederle, sotto la minaccia di una Beretta munita di silenziatore, 500.000 dollari. La somma è il riscatto necessario per liberare la sorella della donna precedentemente rapita. I dialoghi sono involontariamente esilaranti. All'invito di recarsi in banca per prelevare la somma (una cosa peraltro impossibile), la Roccaforte risponde: "Domani è sabato e le banche sono chiuse!" Poco male. I due attenderanno due giorni in casa, trovando il modo di ingannare il tempo tra un po' di sesso e una festicciola con altri amici allupati.
Si registrano anche quattro omicidi tutti eseguiti in modo frettoloso e senza pathos emotivo. Pistolettate a bruciapelo o coltelli affondati in piena pancia.
Il film va avanti in modo lento, girato con poca inventiva e con una serie di inquadrature eccessivamente ripetute, utilizzate (nelle intenzioni) per dettare i tempi del montaggio, sulla porta d'ingresso dell'abitazione o sull'abitazione stessa ripresa in campo lungo, proprio come viene fatto nelle soap opera.
Alla fine, nel tentativo di inserire un finale caratterizzato da più colpi di scena, si svela l'intrigo con il bandito che era d'accordo con la sorella della sequestrata ma, a sua volta, cade vittima dell'amante del marito di quest'ultima con cui il sequestratore ha un rapporto sentimentale. Insomma, una fitta ragnatela di relazioni degna di film comici come La Moglie in Vacanza... L'Amante in città.
Musiche di Max Magagni a tratti interessanti ma montate a casaccio; fotografia irreale e utilizzata per rendere migliore l'immagine poco interessandosi sei la scena sia ambientata di giorno o di notte. La migliore sequenza è quella esterna, di notte, all'interno di un negozio di liquori.
Peccato davvero, poiché l'inizio e l'ambientazione statunitense promettevano bene, purtroppo però il cinema di Joe D'Amato, pur se ancora vivo in termini di uscite, ha chiuso i battenti da tempo. Da notare le autocitazioni che il regista si concede, mostrando la Roccaforte impaurita nel vedere alla tv alcuni stralci di Antropophagus. Una modesta pellicola che, al cospetto di questa, diventa un capolavoro.
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