Regia di Andrew Stanton, Lee Unkrich vedi scheda film
È la prima volta in Italia che un film Pixar del passato torna sul grande schermo in 3D (la riedizione di Toy Story e Toy Story 2 da noi si vide solo al Future Film Festival) e lo diciamo subito: la stereoscopia funziona bene e con discrezione, grazie a uno spazio acquatico movimentato a tutti i livelli di profondità da banchi di pesci e plancton. Se tecnicamente Alla ricerca di Nemo regge il passare del tempo, dimostrandosi dotato di un’innegabile classicità, è proprio per quest’aura tradizionalista, che ne fa uno dei Pixar di maggior successo e allo stesso tempo uno dei meno apprezzati in quanto “troppo Disney”. Al di là dell’edificante trama, con il doppio percorso di crescita di padre e figlio, il film cede alla carineria dei protagonisti e se pur non mancano le parentesi divertenti, come il gruppo di squali vegetariani, ve ne sono altre meno riuscite, su tutte le tartarughe che sanno dire una frase senza la parola “bello”, pronunciata in pochi minuti una dozzina di volte. La parte migliore di Alla ricerca di Nemo rimane l’evasione dall’acquario, l’unica per altro ad avere un vero cattivo, ossia la bambina Dar- la accompagnata dalla musica di Psyco, e un antieroe, il pesce Branchia esperto di evasioni. Infine è una bella sorpresa il corto di Toy Story che precede il film: Non c’è festa senza Rex dell’esordiente Mark Walsh, ispirato ai party scatenati nella schiuma di Ibiza con le musiche elettroniche di BT.
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