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Master & Commander. Sfida ai confini del mare

Regia di Peter Weir vedi scheda film

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La recensione su Master & Commander. Sfida ai confini del mare

di FilmTv Rivista
6 stelle

Il destino cinematografico di Peter Weir è segnato dall’Acqua. Fin dalle sue prime pellicole battezzate dal successo, come L’ultima onda, a cui fece seguito The Plumber, vale a dire L’idraulico. Gli umidi rivoli di quest’ossessione sono rintracciabili in quasi tutti i suoi film, per esempio in The Mosquito Coast e persino in The Truman Show. Per non parlare di Picnic ad Hanging Rock, in cui l’acqua – che psicanaliticamente potremmo chiamare liquido amniotico – zampilla e scorre parallelamente all’altro assillo del cinema di Weir, la psicosi madre della prima, ovvero la Natura. Guardata, osservata, ripresa da uno sguardo pànico, concepita quindi da un occhio che panteisticamente esalta i personaggi e le forze “animate” che manifestano con sfrontatezza il loro impudico fermento. E dunque, se la divinità è il mondo, la Surprise, guidata dal capitano Jack Aubrey (nickname: Lucky), è l’Inghilterra. Un Regno quanto mai Unito anche lontano dalla patria. E che, in mezzo ai tempestosi cavalloni di Capo Horn, insegue disperatamente la Minaccia, il Diverso, rappresentato dal vascello francese Acheron, piratesco, temibilissimo bastimento carico di micidiali cannoni e rabbia verso gli inglesi. Siamo nel 1805 e il mondo è in pieno fermento: le guerre napoleoniche da una parte e la Scienza dall’altra, qui emblematicamente impersonata dal personaggio del dottor Stephen Maturin (il bravo Paul Bettany), chirurgo di bordo che sogna di scendere a terra per studiare le “nuove” espressioni faunesche e floreali che gli si spalancano e gli si presentano dinanzi alle coste del Brasile. Il confronto tra i due uomini e tra le due culture si consuma con pragmaticità tutta hollywoodiana. E la navigata opera, dunque, quasi interamente ambientata e girata su scomode e ingombranti navi, si fa piacevolmente circuire dalla meticcia cultura oceanica di Weir e dello stesso Crowe (che è nato in Nuova Zelanda). A proposito di Russell: ancora una volta il suo trasformismo risulta straordinario. È l’unico attore al mondo che oggi riesca a passare dai panni di un gladiatore romano a quelli di un matematico e di un condottiero con impressionante naturalezza e assoluta credibilità. La sua performance, che regge per almeno il cinquanta per cento questo pachidermico e tuttavia affascinante film marinaro di tradizione nelsoniana, sarà certamente inclusa nell’imminente cinquina per gli Oscar.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 52 del 2003

Autore: Aldo Fittante

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