Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film
Bastano pochi minuti per capire che l'ambientazione bellica è solo una scorciatoia, il modo più semplice e diretto per minare dalle fondamenta la Rimini luminosa delle feste notturne, delle discoteche, delle vacanze al mare e della borghesia più scapestrata, e cominciare a dipingerne invece un ritratto decadente, sfatto, avvolto dallo squallore, che faccia da specchio a quello più ampio di un'umanità logorata. I segnali inquietanti vengono gettati con sempre maggiore forza e frequenza: rumori e lampi in lontananza, notizie sul giornale, poi i primi nomi familiari di persone morte in bombardamenti che si avvicinano ora dopo ora, e da ultimo l'inizio del fuggi fuggi dei gerarchi più avveduti. Il tutto messo come sfondo all'arrancare di una generazione che si vede senza futuro, che avverte l'odore della morte avvicinarsi, che legge la paura nei volti di genitori che pensavano di avere il mondo fra le mani, e che quindi, si anestetizza con le incancrenite illusioni di un domani che forse non vedrà mai. Sono i padri e le madri degli studenti de La prima notte di quiete (quelli che il giorno occupano le aule delle università e la notte inondano di prosecco le prostitute e perdono una fortuna a poker), sopravvissuti all'orrore di una guerra che non hanno voluto, rifugiati in un amore impossibile destinato a naufragare nella noia quotidiana, prigionieri di un cortocircuito antropologico. E l'unica speranza di salvezza sembra intuirla proprio Carlo: la scelta. Poco importa quale sia: ciò che conta è che riesca farlo fuggire dall'inerzia del mondo che lo circonda. Questo film è la controparte oscura de I vitelloni: gli sfaccendati ridanciani sono tramutati in ombre vagabonde e Rimini da gioiosa e folkloristica diventa la sede di una messa da requiem. Emblematica è la scena del circo: straniante e meravigliosamente visionaria là, asciutta e cimiteriale in questo. E come quello poneva le vere, solide basi del cinema di Fellini, questo rappresenta il reale punto d'inizio per la poetica di Valerio Zurlini. Naturalmente è ancora embrionale, deve prendere confidenza col mezzo cinema, evolvere la sua creatività visiva e sinetizzare con più sapienza il materiale narrativo. Ma è già tutto in questo solido film: il germe di uno stile che, purtroppo, non viene ricordato quanto dovrebbe.
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