Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film
Durante l’estate del 1943, nella riviera romagnola, il figlio di un gerarca si innamora di una giovane vedova di guerrra e per lei decide di abbandonare i privilegi di cui aveva goduto fino ad allora, rifiutando di imboscarsi e rispondendo alla chiamata alle armi. Anche la vedova compie una maturazione interiore, decidendo di seguire i propri sentimenti a dispetto della madre che pensa all’onore della famiglia. Fin qui tutto bene; il problema è che il finale non scioglie un’ambiguità di fondo. In agosto, dopo la caduta del fascismo, il giovane esce dalla bambagia e accetta di condividere la tragedia storica di tutti; ma a un mese di distanza, dopo l’8 settembre, lo ritroveremo fra i partigiani o fra le brigate nere? Questo il film non lo dice; anzi, considerando l’invadenza della figura paterna (che il figlio non rifiuta mai esplicitamente sul piano ideologico, le piccole intemperanze giovanili che ogni tanto emergono non avendo nessun peso) e il fatto che la scelta del ragazzo è dettata dalla volontà di rendersi degno della donna (a cui un commilitone del marito, andato a trovarla, chiarisce “ormai l’unica cosa che ci resta da fare è compiere il nostro dovere”), si propende per la seconda alternativa. Non ci sarebbe stato nulla di male a dirlo esplicitamente (ma questo, nell’Italia del 1959, era inammissibile); invece così la conclusione rimane fastidiosamente in sospeso.
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