Regia di Monte Hellman vedi scheda film
Opera passata praticamente ignorata ai tempi della sua realizzazione ed uscita in sala, ma che nel corso del tempo ha fotunamente trovato una meritata quanto riconosciuta collocazione tra gli indimenticabili cult.
Che lo sia non vi è dubbio alcuno ed i meriti di Monte Hellman non si limitano ad una conduzione ricca di pregevoli e spiazzanti iniziative.
Gashade (Warren Oates) e Coley (Will Hutchins) vivono un momento concitato quando accettano l’incarico di accompagnare una donna (Millie Perkins) attraverso il deserto all’inseguimento di un uomo.
Durante il viaggio si aggiunge improvvisamente Billy Spear (Jack Nicholson), un killer pagato sempre dalla stessa donna ed il pericolo si fa sempre più prossimo come si avvicina la resa dei conti e la scoperta delle vere intenzioni a monte di questa missione.
Non vi è dubbio alcuno che il 1966 sia stato un anno magico per Monte Hellman, che contemporanemante a questo film girò anche “Le colline blu” sempre con Jack Nicholson e Millie Perkins.
Si tratta di un western (low cost) con intrigo che da luogo a traiettorie anomale, visto che del genere vi è il paesaggio, immenso, crudo, sempre più desertificato e avaro di forme di vita, ma poi l’essenza guarda altrove (qualcuno l’ha definito nei pressi del poliziesco).
Regna una spiccata essenzialità, che fa rima con epica dai risvolti crudeli, un clima di incertezza che si accresce nel tempo, con un finale che scopre la realtà delle cose in un battito di ciglia, ma che comunque nemmeno vuole fare definitiva, e totale, chiarezza, talmente netto che il risveglio dall’immersione che il film genera, tiene infatti altissima l’attenzione soprattutto nell’ultima mezz’ora, è repentineo se non propriamente brusco.
Tra gli interpreti, troviamo attori fidati per il regista come Jack Nicholson, già per niente rassicurante, di sorriso munito, Warren Oates, la cui presenza scenica regge il campo con convinzione, e Millie Perkins che aggira il mistero con personalità (dettata sicuramente anche dall’alto dalla guida).
In definitiva, “The shooting” è un’opera libera e fortemente segnata dal suo autore, personale ed atipica che all’aridità del deserto nel quale si aggira contrappone animi in sobbuglio e contrastati con una risoluzione decisamente innovativa ai suoi tempi.
Considerevole.
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