Regia di Michael Haneke vedi scheda film
HANEKE VOL. 2
La solitudine dei figli unici che genera mostri.
Benny è un adolescente affascinato dalla morte ed appassionato di videotape, di filmati, autore di video amatoriali che gira e monta nella sua stanza ove è solito trascorrere tutto il tempo libero che avanza dalle occupazioni scolastiche.
Rimasto folgorato dalle riprese effettuate in vacanza inerenti la macellazione di un maiale, ucciso con la particolare pistola utilizzata nei mattatoi, il ragazzo se ne procura una e la usa ai danni d una coetanea conosciuta nella videoteca che egli frequenta. Un gioco che diventa un assassinio, ripreso sommariamente, ma con i dettagli dello strazio sonoro, dalla cinepresa del ragazzo.
Nel rivedere i dettagli dell’impresa filmata dalla cinepresa, il ragazzo viene scorto per caso dai genitori, due ricchi borghesi sempre assenti per lavoro e completamente estranei alla vita e all’educazione del loro figlio.
La verità sconvolgente viene tuttavia subito concepita dai genitori, specie dal padre, sotto forma di tentativo di celare la tremenda verità a chiunque, per non pregiudicare il futuro del figlio e non intaccare il buon nome della famiglia.
E mentre madre e figlio sono in viaggio in Egitto per depistare il colpevole, il padre si occupa di far sparire il cadavere dall’armadio di casa.
Al ritorno tutto è a posto e si può tornare a vivere come prima, nell’indifferenza familiare, come se nulla fosse successo. Ma Benny decide di sorprendere nuovamente i genitori, che finiranno per addossarsi tuttala tremenda responsabilità del fatto.
Film scandalo alla Quinzaine des Réalisateurs al 45° Festival di Cannes, in Benny’s Video Michael Haneke prende le misure e fa le prove per quel successivo e ancor più agghiacciante Funny Games, con cui il regista del disagio e della violenza incontrollata realizza il suo apologo glaciale sulla disgregazione (violenta) della famiglia, la sua inutilità all’interno di quell’apparente sicurezza da grembo materno che essa erroneamente illude di offrire.
Nel cast spiccano l’inquietante ragazzo Arno Frisch che rivedremo ancor più freddamente spietato e dal candore ancor più disarmante nel già citato Funny Games originale, nonché l’ottimo attore tedesco Ulrich Muhe, utilizzato più volte da Haneke.
Il gioco provocatore e scientemente insopportabile del grande regista austriaco è palese: puntare uno sguardo tagliente ed affilato sulle ipocrisie di una classe borghese che, anziché sentirsi responsabile del fatto di far crescere all’interno di sé dei mostri senza controllo dei propri bassi istinti omicidi, si concentra ad occultare il tutto assumendo un atteggiamento semplicemente contrariato per le problematiche pratiche che il figlio ha creato loro.
Un tema, quello della violenza incontrollata messa in atto per vincere la noia e la solitudine, che da sempre è uno degli elementi dominanti e sconcertanti del livido ed inquietante, ma lucidissimo regista transalpino, schietto analista delle turbe psichiche in cui si intorbidano elementi controversi spesso facenti capo a classi sociali elevate, o a masse sociali evolute e “arrivate”, e come tali ormai prive di stimoli e traguardi leciti entro cui potersi soffermare o all’interno dei quali trovare una propria soddisfacente ragione di vita.
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