Regia di Catherine Hardwicke vedi scheda film
Lo scandalo provocato da questo film rastrellatore di numerosi premi nei festival di mezzo mondo (tra cui Sundance e Locarno) è tutto sommato ingiustificato. Spacciato come ritratto realistico di tredicenni inquiete, Thirteen impressiona più per la crudezza con cui vengono descritti i conflitti genitori/figli che per la condanna di un’età troppo precoce a droghe e sesso.
La vita di Tracy (la bionda e intensa - tocca dirlo - Nikki Reed, autrice dell’autobiografico script assieme a Catherine Hardwicke, regista e matrigna dell’attrice) si svolge, fatta salva qualche ovvia divagazione scolastica, tra le quattro mura di una casa riempita di urla e ribellioni giovanilistiche come tatuaggi e piercing. Ma ci scappa soprattutto qualche rimorchiata assieme all’amica mora Evie (Evan Rachel Wood), la fighetta modaiola della scuola con cui instaura una simbiosi fatta di giochetti morbosi, tirate di canna e qualche sniffata. E dato che chi va con lo zoppo impara a zoppicare, spaccierà, ruberà, scoprirà il bacio saffico (dopo Cruel Intentions…) prima di capire che se come idolo ti poni Christina Ricci per forza poi devi tornare da mammà (Holly Hunter, radiosa da sembrare la sorella ma poco in tono) a trovare l’amore di cui hai disperato bisogno.
La Hardwick non risparmia alcune furbate da cinema indipendente (fotografia sgranata, linguaggio scurrile), e spesso si avverte l’onesto tentativo di critica sociale verso un mondo - non solo giovanile - senza valore alcuno; ma le cause che adduce (il padre assente, lo stupro di Evie bambina come trauma irremovibile) per giustificare il tutto sono sempre le stesse e sconvolgono poco, così come il masochismo di Tracy che per rimuovere il “vuoto” che ha dentro cerca il dolore fisico tagliuzzandosi le braccia. Fosse più cattivo e meno programmaticamente sporco non sarebbe poi tanto male. La pietra filosofale e tombale assieme del genere rimane comunque The Rules of Attraction, il magnifico e acidissimo film di Roger Avery tratto dall’omonimo e complesso best-seller di Bret Easton Ellis (quello di American Psycho), salutato come un capolavoro in tutto il mondo e da noi, coma al solito, ancora invisibile. Che qualcuno faccia qualcosa.
Francesco de Belvis
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