Regia di Francesco Maselli vedi scheda film
Forse il corso del tempo non ha giovato al film del “valoroso compagno” Maselli (cit. Gassman ne La terrazza). Quel che trasmette oggi Il sospetto è probabilmente un altro messaggio rispetto all’intento originario. Se allora c’era la strenua esigenza di rivendicare l’operato clandestino del Partito Comunista nel terribile periodo fascista, oggi si percepisce maggiormente l’atmosfera cupa e subdola degna del miglior thriller politico. Ovviamente le motivazioni di questa metamorfosi di visione non sono dettate dalla svalutazione progressiva che il miglior opus della carriera di Citto, piuttosto da un imbarbarimento retrograde che gestisce gli uomini nostalgici di questo Paese: è la percezione del lato buono del ventennio che ormai ha tremendamente fatto breccia nel patrimonio collettivo. Lasciando perdere queste letture socio-politiche del film, bisogna riconoscere la tensione palpabile che si respira nell’angusta messinscena del compagno Maselli: uomini che si ingannano e sfuggono al destino, ai margini del conformismo alla ricerca della concretizzazione di un’utopia, fregati dal sistema che si impossessa di tutto e non lascia scampo.
Non si capisce tutto dello sviluppo narrativo e concettuale del film, molto complesso nella sua disanima tra pubblico e clandestino, dubbio e convinzione. Alla fine non lascia sereni, semina non poche controversie oscure attraverso la parabola sconvolta e sconcertante del protagonista, incarnato con essenziale potenza da un Gian Maria Volonté magnifico che va di sottrazione, nel cui ritratto ci si ritroveranno tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si sentono parte di un qualcosa (un gruppo, una famiglia, un partito, un club, fate voi) e, d’improvviso, comprendono di dover fare i conti con loro stessi (e con tutto ciò che gira attorno a loro). Il sospetto di Francesco Maselli (titolo imposto arrogantemente da RKO onde evitare confusioni con il film di Hitchcock – piccola manifestazione reale di ciò che il film vuole davvero raccontare: andando contro il potere ci si fa male) è anche uno dei pochi film italiani degni di nota che cercano di capire il fenomeno del Partito: dice che quando un uomo diventa dirigente di un partito (o meglio, quando il Partito lo sceglie come dirigente), egli stesso deve diventare il Partito. Chissà fino a che punto il compagno Citto ci crede(va).
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