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La jetée

Regia di Chris Marker vedi scheda film

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La recensione su La jetée

di ed wood
8 stelle

Non è cinema, nè fotografia, nè letteratura. E' qualcosa di diverso. Un foto-romanzo dinamico. La parola narrata scandisce il tempo del montaggio, il quale provvede a creare l'impressione del movimento. E' paradossale il fatto che un film del tutto primo di movimenti (di macchina o di persone/oggetti) suggerisca in realtà l'idea di un continuo, instabile ed ansiogeno spostamento spazio-temporale, laddove opere che invece si basano sull'incessante movimento di macchina (esempio classico: "Ordet" di Dreyer) restituiscano un senso di chiusura, oppressione, claustrofobia. "La Jetee", per quanto peculiare, è comunque un'opera pienamente "nouvelle vague / rive gauche": nella sua dialettica fra il tempo reale e quello immaginato/sognato/ricordato, il richiamo ai capolavori di Alain Resnais ("Hiroshima Mon Amour", "L'Anno Scorso a Marienbad") è evidente. Inoltre lo spunto fanta-scientico e fanta-politico a sfondo anti-militarista e anti-nucleare sarebbe diventato consueto nel cinema sia mainstream sia d'autore soprattutto fra la fine degli anni 60 e i primi 70 (i cosiddetti "apologhi apocalittici", in voga tanto ad Hollywood quanto in Europa e nel mondo, dal "Pianeta delle Scimmie" al "Seme dell'Uomo"). "La Jetee" comunque resta un film memorabile per la capacità di unire l'opprimente suspence legata alla soluzione del mistero (che arriverà solamente all'ultimo fotogramma, all'ultima parola) alla malinconica poesia del ricordo, veicolata dalla suggestione che una singola immagine, un volto di donna, un'ambiente onirico possono creare. Questa tendenza a conciliare rigore ed abbandono, geometria e sentimento è anch'essa mutuata da Resnais, ma tinteggiata di nero. Nella "Jetee", la Storia non è un flusso lineare di cause ed effetti, ma un puro stato mentale.

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