Regia di Rocco Cesareo vedi scheda film
Malgrado gli sforzi degli ultimi tempi, il cinema italiano di impegno civile non riesce a reinventare un immaginario appiattito e abbattuto da lustri di fiction Tv mediocre, demagoga e populista. Dopo aver visto questi Angeli di Borsellino (sottotitolo: Scorta QS 21), si piange nel ricordare il grande Damiano Damiani degli anni ‘70 e persino il Giuseppe Ferrara di Cento giorni a Palermo. L’idea di partenza dei troppi soggettisti (sul press-book manca la voce “sceneggiatura”: un lapsus freudiano?) non era neppure malvagia: rivedere i terribili giorni che separarono i due omicidi di mafia più clamorosi e violenti (Falcone e Borsellino) attraverso gli occhi degli agenti di scorta affiliati alla Questura del capoluogo siciliano. Ma le belle e buone intenzioni non servono a niente se il contesto - storico e privato - è pressoché “dimenticato”, se al timone di regia c’è un regista incapace di trasformare in cinema - azione, emozione, profondità dei caratteri... - una storia già incredibile e spaventosa. E se gli attori chiamati alle armi più che alle arti, non riescono - tranne Brigitta Boccoli - a recitare in assetto almeno “basic”. Il Borsellino tratteggiato da Tony Garrani è ridicolo per superficialità, il caposcorta Pino Insegno pare uscito da una delle tante teleparodie della Premiata Ditta e il pentito di Ernesto Mahieux è stereotipo allo stato (im)puro. Un peccato. Perché la figura di Paolo Borsellino avrebbe meritato e meriterebbe ben altro.
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